Quiproquò

qui-pro-quò

Significato Malinteso, equivoco

Etimologia dalla locuzione latina qui pro quo, cioè «’qui’ per ‘quo’».

  • «C'è stato un banale quiproquò.»

Parliamo di malintesi: sarà una questione importante o da nulla? E perché continuiamo a significarne uno con una locuzione del latino scolastico medievale? Che effetto fa?

Malinteso. Ma anche frainteso, equivoco, abbaglio o sbaglio, svista, ambiguità, e anche errore, e perfino granchio. Abbiamo una cassetta degli attrezzi piena, per indicare questa cosa qui, e come sappiamo ciò significa che questa cosa qui è delicata e rilevante.
Diciamolo subito. Sono delle parole che ci servono da disinnesco: tolgono da sotto, a un’azione spiacevole, il puntello della volontà — non è stata intesa di proposito, è frutto di una discrasia fra ciò che è stato compiuto e ciò che s’intendeva ottenere, fra ciò che è stato detto e ciò che è stato capito, fra ciò che a torto si credeva corretto e il comportamento conseguente.

Il quiproquò, o qui pro quo (che anzi è la formulazione più comune), ha un pregio immediato. Un suono simpatico? Sì, ma soprattutto evoca una figura, un caso preciso da cui si induce il concetto generale di ‘svista’ (lo fa anche il ‘granchio’, ma in altri modi e in un registro più colloquiale). Invece gli altri colleghi sinonimi sono più scontornati e indefiniti. Ma perché? Che cosa vuol dire esattamente?

Il quiproquò è semplicemente il refuso nella copiatura, l’erroruccio di grammatica che consiste nello scambio fra due parole simili. Qui al posto di quo. In maniera più bassotta ma analoga, è un fischi per fiaschi.
Ora, attenzione: l’etimologia di ‘qui pro quo’ è chiara ma non fissata nella pietra in maniera univoca, perché l’uso stesso che ha determinato questa locuzione latina non è univoco. Le parolette che ne sono protagoniste sono tutte simili ma variano — anche se purtroppo possiamo escludere il riferimento a due dei nipoti di Paperino, che sarebbe stato molto calzante.

Può trattarsi effettivamente dei latini qui e quo, pronomi relativi definiti maschili, rispettivamente al caso nominativo e ablativo (in italiano questa funzione è ricoperta soprattutto dal ‘che’ — la torta che mangi è mia). Ma possono anche essere quid e quod (con significati differenti in cui ora non c’impigliamo) — e in effetti si trovano anche espressioni come quid pro quod o quid pro quo. Il punto non cambia: è uno scambio fra parole simili.

L’espressione nasce nel latino medievale, e peraltro si trova riportato che è anche impiegata come titolo di testi farmaceutici, in particolare compilazioni in cui si specificava quali medicamenti e semplici potevano essere sostituiti, scambiati con altri secondo disponibilità, conservando l’effetto medicinale. Una declinazione pratica e diversa del concetto “una cosa per un’altra” — ma in italiano l’espressione si afferma solo come refuso, svista.

Posso parlare di come il litigio sia scaturito da un semplice quiproquò; mi scuso per il quiproquò quando la reazione basita di qualcuno mi fa capire che c’è stato un malinteso; e per evitare quiproquò, dopo l’incontro metto tutto nero su bianco.
L’effetto è poderoso: il richiamo latino al refuso d’uno scambietto di parole in copiatura ha una forza minimizzante eccezionale. È una svistina non voluta, un intoppuccio capitato in un procedere più grande, caso contemplato da sempre nella speciale eternità del latino — a volte può finir per essere un innesco non dappoco, ma proprio per questo è importante poterlo minimizzare.
E però può essere tutto così semplice?

Il latino è una lingua internazionale. E parole ed espressioni latine omologhe in lingue diverse finiscono per essere intese anche in maniere differenti. Lo scambio, in quello che di solito è scritto come ‘quid pro quo’, nei Paesi anglosassoni è inteso come contropartita — qualcosa in cambio di qualcos’altro. Ad esempio, in questo paradigma si potrebbe dire che lei ti ha fatto un regalo ma è un quid pro quo, si aspetta qualcosa da te. In italiano l’espressione latina usata con questo significato è invece do ut des, ‘io do affinché tu dia’.
Non di rado, però, in traduzioni frettolose, si finisce per tradurre quel quid pro quo anglosassone con il nostro qui pro quo, e il risultato è un quiproquò.

Parola pubblicata il 03 Marzo 2024