Remora
rè-mo-ra
Significato Indugio, ritardo; ostacolo, impedimento; freno, scrupolo
Etimologia voce dotta, recuperata dal latino remora, derivato di mora ‘indugio’, con prefisso re-. .
- «Certo che non lo fa, ha una remora segreta.»
Parola pubblicata il 24 Agosto 2024
Pensa che strumentazione meravigliosa. Abbiamo molte parole per indicare il ritardo, l'indugio, il freno, l'ostacolo, la limitazione, lo scrupolo. Sappiamo che insistono su situazioni analoghe, ma ciascuna differisce sensibilmente dalle altre, quindi quando ci troviamo col problema di dire che qualcosa in qualche modo agisce negativamente su uno svolgimento dritto filato, possiamo incoccare le sfumature più esatte, capaci di spiegare di preciso la bega. Evidentemente è una questione che ci sta a cuore, il perché di una variazione in una pianificazione. Ma la differenziazione dei significati non è l'unico valore che troviamo nelle parole: a volte anche il modo in cui ne mettono insieme diversi sa essere estremamente eloquente.
La remora, in effetti, è tutto quel che abbiamo detto. È ritardo, è ostacolo, è scrupolo. Naturalmente sono impedimenti diversi — un ritardo incide sul tempo e ha un tratto spesso oggettivo, un indugio è un'esitazione che può avere fondamenti variegati, l'ostacolo e l'impedimento stesso hanno volentieri l'aria di accidenti esterni che s'impongono contro un esito liscio, mentre lo scrupolo ha una dimensione certosina e morale, la limitazione quella di un ordinamento subìto. C'è una certa sostanza che informa tutti questi intoppi.
Remora, già come termine del latino arcaico, deriva da un famoso termine per ‘indugio, ritardo’, cioè mora, che ancora echeggia forte nel mondo del diritto. A questo aggiunge un prefisso ‘re-’, prefisso sempre piuttosto ermetico, che qui ci tratteggia un trattenimento ulteriore, anche un moto ritroso, che frena il ritardo, l'ostacolo, lo scrupolo.
In effetti la remora, oltre ad avere un respiro più generale, spicca anche per il modo energico che ha di afferrare questo tratto di mondo. Nonostante sia una parola ricercata, ha un effetto quasi spiccio — e questo effetto è esaltato dal fatto che metta insieme cause diverse. Non si focalizza, non si siede a distinguere in modo troppo discriminato motivazioni alternative. Quando dico che continuano a emergere remore burocratiche, descrivo con forza una nuvola di impedimenti che sta vaporeggiando; quando dico che mi sono lanciato nella nuova impresa sportiva senza remore, chiudo nel sacco un intero genere di dilazioni e impacci; se dico che ho trasmesso l’avviso con qualche remora, riesco a rendere tutto il tessuto di ritrosia, dubbio, indugio che mi si è stretto addosso.
Insomma, senza minestroni, senza sovrapposizioni né trasparenze, la remora si sta orientando a contemplare d’un lampo la ricca galassia di ciò che è ganascia per l’azione umana: non è un caso che al plurale sia più comune che al singolare. E peraltro può fare tutto questo con la sponda di un’immagine stupenda.
Già in latino rèmora era anche il nome di un particolare tipo di pesce, che è munito di una ventosa con cui si attacca ad altre creature marine più grandi e, da quando hanno iniziato a solcare i mari, agli scafi delle navi. È un nome metaforico basato sulla remora di cui abbiamo parlato finora, che ricalca a suo modo quello greco, ekheneís: significa alla lettera ‘che trattiene le navi’ (composto di ékho ‘trattenere’ e naûs ‘nave’). La remora è coì chiamata perché si pensava potesse rallentare, perfino fermare le navi — e l’avere o non avere remore può echeggiare nella figura di questa credenza marinaresca.
Peraltro, curiosità finale che c’entra solo incidentalmente, ‘Remora’ sarebbe anche stato il nome che Remo avrebbe dato alla città da fondare, e che invece Romolo chiamò Roma. Bontà sua e di suo fratello, Remo incappò in qualche remora.