Spinacio

Parole semitiche

spi - nà - cio

Significato Pianta erbacea annuale della famiglia delle Chenopodiacee

Etimologia attraverso il latino medievale spinacium, tramite l’arabo isfānāğ, a sua volta dal persiano ispanâk, e influenzato da spina, cioè ‘spina’.

  • Ti è rimasto uno spinacio fra i denti.

Umile verdura, gustosa sia cruda che cotta, famosa a torto per il suo contenuto di ferro, ben inferiore a quanto la leggenda metropolitana abbia fatto intendere, segreto della forza poderosa con cui Braccio di Ferro puntualmente salva la sua fidanzata Olivia, lo spinacio ne ha fatta di strada dalle coltivazioni dell’Asia centrale, di cui è nativo.

La parola, che in italiano pare abbia subito anche la suggestione del latino spina, cioè ‘spina’, forse per via della conformazione del frutto di spinacio, è grande frequentatrice delle lingue del vecchio continente: la ritroviamo, infatti, come variazione sul tema in inglese (spinach), francese (épinard), spagnolo (espinaca), tedesco (Spinat)… lapalissiano dire che tutte queste sorelline europee hanno un antenato in comune. Conosciamolo meglio.

Il babbo era il bel termine arabo isfānāğ. Ad un occhio poco allenato questo potrebbe bastare: dopotutto ha l’aria di essere una parola abbastanza bislacca da poter provenire senza problemi dalla difficile lingua semitica. E invece no: isfānāğ non ha proprio nulla di semitico, nemmeno l’ombra! Dobbiamo risalire al nonno di spinacio, alla parola persiana che ha dato vita a questa famiglia in cui i segreti, a ben guardare, non mancano e ci riempiranno di sorpresa.

Gli arabi conobbero questo ortaggio durante la loro espansione, quando la Persia fu sottomessa ed entrò a far parte del califfato (633-644), abbandonando per sempre lo zoroastrismo e convertendosi all’islam. La piantina erbacea commestibile, dalle tenere foglie carnose, si chiamava ispanâk. Agli arabi, sempre eccellenti nel trovare impieghi medicamentosi e terapeutici delle piante, lo spinacio piacque assai per le sue virtù rimineralizzanti e tonificanti dell’organismo e per l’apporto di fibre. Così se la portarono appresso in giro per il mondo allora conosciuto, adattando la parola di origine indoeuropea alla loro lingua semitica ed esportandola poi in Europa, più precisamente in Spagna e Sicilia dove introdussero, lo si è già visto, innumerevoli piante e coltivazioni adatte ai climi caldi e secchi di quelle terre.

La parola ispanâk, secondo gli studiosi, appartiene al medio-iranico tardo e deriverebbe da una forma precedente, in antico iraniano, che è stata ricostruita come spināka-, a sua volta da una radice proto-iraniana individuabile in ipotesi come spai-, che risale al proto-indoeuropeo ricostruito spey- , ovvero… spina.

Spinacia oleracea rappresentata nell’Icones Plantarum Medicinalium (1796) di Johannes Zorn.

Gira che ti rigira, alla fine il latino medievale vide proprio ciò che aveva colpito tanto gli antichi persiani, i quali denominarono il benefico ortaggio facendo riferimento, appunto, al frutto pungente. Questo è il bello delle lingue: quando pensiamo di aver capito tutti i trucchetti con cui ci vogliono cogliere in fallo, ecco che spunta fuori qualcosa che ci lascia di nuovo con la bocca aperta… Pronta per una bella forchettata di spinaci strascinati in padella con burro e aglio.

Parola pubblicata il 15 Aprile 2022

Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini

Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.