Spirare

Scorci letterari

spi-rà-re (io spì-ro)

Significato Del vento, soffiare; essere percepibile, diffondersi; infondere, ispirare. Morire, finire, scadere

Etimologia nei primi significati, dal latino spirare ‘soffiare, emanare, respirare’; negli ultimi, da expirare, derivato di spirare col prefisso ex- ‘fuori’.

Il verbo latino spirare ci fa capire benissimo quanto vasta sia la parola di cui parliamo. Cercando una definizione che ne comprenda tutti i significati, possiamo dire che lo spirare era (ed è) principalmente un muoversi d’aria - dal vento all’effluvio al respiro. Ancora oggi diciamo che spira una brezza fresca, che spira un puzzo atroce.

Questo movimento d’aria è percepito non tanto dall’occhio, non tanto dall’orecchio; ma soprattutto dai sensi della pelle e del naso, con una maggiore sottigliezza. Lo spirare infatti è figuratamente un essere percepibile, un diffondersi che non si fa notare quanto un evento luminoso o rumoroso: se dico che spira un’aria di cambiamento intendo che si può sentire, ma non è un fatto squadernato e pacifico; se dico che nella serata magica spira una passione d’amore, non intendo che c’è un mucchio di gente avvinghiata sotto ai riflettori, ma che c’è come un fluido sottile che suggerisce e accende il sentimento. Insomma, molte volte quella che lo spirare muove è un’atmosfera, un’aria psicologica - che si sente a pelle, che si sente a naso. Sottigliezze la cui influenza si spinge anche in significati analoghi all’infondere (che solitamente riconduciamo all’ispirare): quando allegria mi spira racconto splendide barzellette. Ma come l’inspirare e l’espirare ci ricordano, lo spirare era anche il respirare - e per estensione il vivere, visto che la maggior parte delle persone vive respira e viceversa. Significato letterario, che pare faccia dello ‘spirare’, in piccola porzione, un’enantiosemia.

Perché sappiamo che ‘spirare’, vuol dire anche morire, e in genere finire, anche scadere - risorsa ottima per quando si vuole coprire d’eufemismo la falciata della morte. Ma questo è uno spirare che ha fatto un percorso diverso, a tutti gli effetti un’altra parola, che dalla medesima origine passa attraverso il latino exspirare, dei cui significati l’italiano fa una selezione precisa nell’esalare l’ultimo respiro. Quindi i poveracci tirano le cuoia mentre i notabili spirano, il termine di presentazione del bando spira domani, e come, non c’è lo sconto?, no l’offerta è spirata ieri.

Una parola anzi due, sostenute e alte, che in questa forma essenziale di movimenti di fluidi riescono ad apparecchiarci un carrello da buffet di significati antichi e forti.

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A. Manzoni, Inni sacri, La Pentecoste, vv 129-144

Spira de’ nostri bamboli

nell’ineffabil riso,

spargi la casta porpora

alle donzelle in viso […]

Tempra de’ baldi giovani

il confidente ingegno;

reggi il viril proposito

ad infallibil segno;

Adorna la canizie

di liete voglie sante;

brilla nel guardo errante

di chi sperando muor.

Se Manzoni avesse dovuto studiare a scuola i Promessi sposi, forse avrebbe usato queste strofe come bigino.

Si tratta dei versi finali dell’inno, in cui il poeta si rivolge direttamente allo Spirito Santo affinché continui a sostenere gli uomini. E prende ad esempio, appunto, la vita ordinaria di persone comuni, come nei Promessi sposi. Sembra quasi che giochi a rimpiattino con i personaggi del suo romanzo: Lucia si nasconde dietro la timida donzella, Renzo dietro il baldo giovine, il cardinal Federigo dietro la santa canizie, eccetera.

Certo, qui non si parla di personaggi specifici ma di categorie. Tuttavia rimane traccia di quella sensibilità psicologica che è tipica del Manzoni, per cui in pochi segni si condensa tutto un carattere.

Altrettanto tipica poi è la caratterizzazione dello Spirito. Al Dio di Manzoni non occorrono eventi roboanti per farsi presente; in effetti non gli occorrono neppure degli eventi. Ride nel riso cristallino dei bambini, s’illumina nel rossore di una fanciulla innamorata. Il suo regno è quello dei piccoli gesti, dei moti nascosti del cuore: è lì che Dio agisce, silenzioso e costante come il respiro.

Biblicamente, potremmo dire, passa come “una brezza leggera” e quasi inavvertita; eppure dà a ogni cosa un respiro nuovo. Trasforma le grazie dell’infanzia e del primo amore in un anticipo di paradiso; tempra l’energia dei giovani, perché possano procedere con fiducia ma senza presunzione; dà scopo e direzione alle azioni degli uomini. La vecchiaia stessa, che di solito percepiamo come un’età di decadenza e malinconia, si illumina di una saggezza lieta.

Insomma ogni età della vita, sembra dirci Manzoni, ha una sua potenzialità, una possibilità di gioia, e merita d’essere guardata con fiducia. Perfino nel momento estremo: quando nello sguardo smarrito, che già non vede più, può brillare una nuova luce di speranza.

Parola pubblicata il 16 Luglio 2018

Scorci letterari - con Lucia Masetti

Con Lucia Masetti, dottoranda in letteratura italiana, uno scorcio letterario sulla parola del giorno.