Sproloquio
spro-lò-quio
Significato Discorso lungo, enfatico, incoerente e prolisso
Etimologia voce dotta recuperata dal latino proloquium — specie nel senso di ‘prologo’ e ‘sentenza’, derivato di proloqui ‘pronunciare’, a sua volta da loqui ‘parlare’, con prefisso pro- ‘avanti’ — con l’aggiunta del prefisso intensivo s-.
- «Ma non lo ascoltare, è il solito sproloquio.»
Parola pubblicata il 14 Novembre 2023
Partiamo da questa semplice premessa: in italiano il proloquio praticamente non c’è. C’è lo sproloquio. E questo è strano, perché in latino c’è il proloquium, ma non lo sproloquium. Qualcuno ha ripescato una parola dal latino modificandola subito. Perché? Andiamo con ordine, e cerchiamo di capire quale sia il peculiare sapore dello sproloquio.
In latino il verbo proloqui significa ‘manifestare a parole, pronunciare’. È un significato molto ampio, e il suo derivato proloquium può essere l’enunciato, la frase, ma anche un’introduzione, un prologo, come pure una sentenza.
La gente dotta che nel Settecento bazzicava assiduamente il latino aveva spesso a che fare con questi generi di proloquium, e nel prendere come prestito questa parola ha scelto di raccoglierne e valorizzarne una particolare aura.
Infatti quel prefisso ‘s-’ che apre lo sproloquio non conferisce all’ipotetico ‘proloquio’ un valore contrario (come fa nello s-leale), peggiorativo (come fa nello s-costumato) né di allontanamento o detrazione, che sono i valori che più normalmente gli attribuiamo. Qui è intensivo, come è nello s-cacciare, nello s-beffeggiare, nello s-trascinare, nello s-cambiare, nello s-gualcire.
Lo sproloquio nasce come proloquione, come caricatura di proloquio, quindi con l’esasperazione dei caratteri propri di prologhi e sentenze — specie dei più grotteschi.
Così lo sproloquio è prolisso, sembra interminabile; è enfatico, gonfio, e queste energie retoriche sono guidate confusamente, in maniera tanto ridondante quanto incoerente. E va da sé che l’oggetto dello sproloquio sia tendenzialmente poco interessante.
Fa ridere realizzare come questi nonni lontani (nemmeno troppo, di una decina di generazioni fa), fossero esposti a sbrodolature poco sensate come capita a chiunque di essere anche oggi. Ed è stupendo come siano stati in grado di distillare questa meraviglia, prendendo un termine dotto di una lingua alta che usavano, e italianizzandolo in maniera tanto schietta, immediata e scanzonata.
Anche perché in effetti di sinonimi buoni non ne ha. Sparate, tirate e comizi hanno una direzionalità molto più marcata ed efficace (e anche presente a sé stessa...), mentre pappardelle, solfe e tiritere hanno un profilo di noia innocua. Lo sproloquio è smussato, ampolloso e confuso, tendenzialmente non pericoloso ma non scevro da una spiacevolezza che può anche non essere del tutto innocua: sugli sproloqui e negli sproloqui possono crescere idee balzane, con frutti spinosi.
Così ascoltiamo gli sproloqui a tavola sullo stato della politica internazionale e dei tombini della via, lo sproloquio del politico che deve assolutamente commentare il fatto che non lo riguarda nemmeno alla lontana, e il rapporto che doveva essere conciso finisce per essere uno sproloquio di cinque pagine. E ci scusiamo per lo sproloquio se pensiamo di aver parlato troppo e in modo troppo enfatico o sconnesso.
Alto e basso, slancio e incontinenza, incoerenza ed enfasi in una sola parola: davvero una risorsa unica.