Titanico

ti-tà-ni-co

Significato Dei titani; smisurato, gigantesco, eccezionale

Etimologia voce dotta recuperata dal greco titanikós, derivato di Titán ‘Titano’.

  • «È stato uno sforzo titanico ma ce l'abbiamo fatta.»

C’è una questione, sul versante della lingua, che ci richiede un impegno elefantiaco: trovare dei termini di paragone, dei riferimenti capaci di esprimere con enfasi corretta la dismisura di una certa grandezza. Insomma, per significare il concetto di ‘grossissimo’ abbiamo apparecchiato una batteria di sinonimi formidabile, che ci serve tutta.

Se cerchiamo di rendere qualcosa di molto grosso e magari con un difetto di grazia ed efficienza possiamo ricorrere giusto all’elefantiaco, o al mastodontico se vogliamo alzare l’asticella con l’esotismo dei tempi andati (anche se questi ‘mastodonti’ non è che ce li abbiamo proprio presentissimi). Se invece ci vogliamo inclinare sul monumentale (oltre al monumentale stesso) possiamo impiegare qualche indicazioni di maestà col maestoso, ma magari anche rifarci alla pesante concretezza statuaria del colossale. Però può non bastare. A volte ci serve qualcosa di preternaturale, di sovrumano — e spolverando miti vecchi e sempre buoni possiamo affidarci al gigantesco, un grandissimo generico che però conserva una misura di umanità, o magari al mitico ciclopico. Invece se proprio ci serve il massimo della grossezzità immaginabile (o comunque vogliamo buttarla in tribuna con un’esagerazione) il titanico fa per noi.

Si sa, i ciclopi erano gente robusta non tanto fine che viveva in caverne e lavorava fra pascoli e fucine — e c’era quel discorso dell’occhio. Ma il titano chi è?
I titani sono fra le figure più enigmatiche del mito greco. Famosa come schiera, spesso compaiono in gruppo, agiscono soprattutto in tempi remotissimi, spicca qualche nome singolo ma non si capisce in maniera limpida il nesso con la grandezza fisica che invece è centrale, nell’antonomasia. Non saranno poi più grossi delle divinità non-titaniche con cui interagiscono, no? Sono divinità? Anzi, ha senso parlare della stazza di una divinità?

Per il mito, i titani e le titanidi sono una generazione di divinità precedenti a quella olimpica, figli e figlie di Urano il cielo e Gea la terra. Già qui s’inizia a slittare perché alcune divinità nate da coppie titaniche sono considerate titani, altre no: la prole di Crono e Rea (come Zeus, Era, Poseidone, Demetra e Ade) non è annoverata comunemente fra i titani, ma i figli di Giapeto, concepiti con figlie di Oceano, sono titani dei più famosi — come Atlante e Prometeo. C’è di che grattarsi la cucuzza.
È plausibile storicamente che siano divinità microasiatiche (cioè dell’Anatolia) integrate nel pantheon greco, ma per quel che ci interessa diciamo che i titani personificano forze cosmiche. Non sono personaggi che possano contare su una sfaccettatura e un approfondimento psicologico di quelli a cui ci ha abituato il canone omerico, anzi in tanti casi sono poco più che nomi in elenchi (che diavolo fanno Crio e Ceo, fra gli altri?) — ma questo tratto d’ignoto va tenuto in considerazione come rilevante.

Il titanico non è un grosso qualsiasi. È un grosso che ha il carattere del primigenio, del potere che attinge direttamente alle forze originali della natura; in questo è non leziosamente sovrumano, ma incomunicabilmente inumano. Raccontando il mito gli si possono dare nomi e genitali, ma non sono che ombre, improbabili tratti antropomorfi appiccicati al fiume sconfinato che scorre a circolo intorno alle terre emerse, al massiccio che regge la volta celeste con spalle smisurate, alla sfera superiore incandescente che solca il cielo e irradia il mondo, al tempo che toglie virilità ai padri e ingoia i figli.

Quando parliamo di uno sforzo titanico, di un’opera titanica, l’attributo che diamo ha l’aura del trascendente, o più correttamente dell’immanente inconcepibile — e magari ci giochiamo sopra con ironia, perché è titanico lo sforzo compiuto per opporsi in comunità a un cataclisma naturale, ma è anche titanico quello con cui per la dieta rinunciamo alla terza fetta di Sacher. Il termine di paragone non è un personaggio di stazza straordinaria o un animale fantastico o una costruzione immensa in cui ci possiamo imbattere noi o un protagonista di fiaba, ma l’individuazione di una forza, di un’entità a stento intendibile, che non possiamo descrivere, che dobbiamo coprire col nome antico e oscuro di titano.

Parola pubblicata il 15 Giugno 2023