Vendemmia
Le parole del vino
ven-dém-mia
Significato Operazione e tempo della raccolta dell’uva; uva, quantità di uva raccolta, vino con essa ottenuto; raccolto agricolo; messe, raccolta, grande quantità
Etimologia dal latino vindemia, composto di vinum ‘vino’ e da un derivato di demere ‘togliere’.
- «Al torneo abbiamo sbancato, è stata una vendemmia.»
Parola pubblicata il 23 Agosto 2024
Le parole del vino - in collaborazione con la tenuta vinicola Santa Margherita
Alla scoperta di radici ancestrali, significati sorprendenti e accezioni à la page, stappiamo le parole del vino che ci arrivano da ogni parte. Questo ciclo è sostenuto dalla tenuta vinicola Santa Margherita.
Ci portiamo dietro questa parola che è di una semplicità assurda: ha rappresentato per millenni un lavoro e un momento cardinale, di quelli che scandiscono e orientano la vita comunitaria e l’anno, e che perciò è stato esplorato in tutte le sue possibilità più o meno figurate. Sono possibilità eleganti e accessibili, che parlano con la semplicità del luogo comune ma che rivelano un certo spirito.
Il latino vindemia si compone di due elementi, uno più facilmente comprensibile dell’altro. Il primo è vinum ‘vino’, che qui ha il significato di ‘uva’ e non ha bisogno di altre presentazioni. Il secondo invece è un derivato di dèmere ‘togliere’ — e si può capire che sia poco immediato, posto che è l’unico caso in cui questo verbo latino ha un seguito in italiano. Si tratta a sua volta di un derivato èmere ‘prendere’ (che echeggia nel redimere, nel dirimere e nell’esimere) con il prefisso de- ‘da’. In maniera splendidamente piana, nella vendemmia si ‘prende l’uva’.
Questo è il nome di un’operazione di raccolta, certo. Ma è un’operazione così determinante e così ben collocata nell’anno (almeno, aveva fama di esserlo) che la vendemmia diventa il punto di riferimento per ciò che avviene verso l’inizio dell’autunno — diventa questo stesso momento dell’anno. Un evento che accade di vendemmia, un lavoro che faremo di vendemmia, un’attesa che si prolunga fino a vendemmia ha il carisma di una collocazione temporale senza prosaici e didascalici impicci di precisione, ma piuttosto con un vasto respiro naturale, in una disposizione nel ritmo della terra.
Un’estensione ovvia e spontanea è quella al prodotto, quindi la vendemmia diventa l’uva, il raccolto intero, il vino che se ne ottiene, vintage — e questa estensione apre a una successiva potente e affascinante. Al modo della messe (letteralmente la mietitura), la vendemmia diventa la raccolta di prodotti agricoli in genere e quindi una grande quantità. È curioso ma efficace parlare della gran vendemmia di fagioli e pomodori che ho avuto quest’anno, è curioso parlare di una vendemmia di pesche e pere; è efficace e tagliente parlare della vendemmia di nomine guadagnata dal partito, della vendemmia di punti fatta dalla squadra, della vendemmia di insulti che attiriamo con un’ardita manovra per strada.
Il riferimento è universale, l’immagine che proietta, in tutta la sua ricchezza, è immediata; usarla, anche dove si scosta dalla pura raccolta dell’uva, lucra questi vantaggi, con un risultato simpatico e intenso che si fa notare, icastico e grazioso.