Incunabolo

Parole d'autore

in-cu-nà-bo-lo

Significato Nome dei primi prodotti della stampa a caratteri mobili, dall’anno della sua invenzione (1455) al 1500 incluso

Etimologia dal latino incunàbula, sostantivo plurale, letteralmente ‘fasce’, derivato da cunae, ‘culla’. In ambito tipografico è usato per la prima volta dall’umanista olandese Hadrianus Junius (Adriaan de Jonghe) nell’opera Batavia (1588), per indicare l’epoca dei primi sviluppi della stampa a caratteri mobili. In seguito è applicato ai volumi prodotti in quest’epoca, e in quest’accezione è canonizzato dal primo repertorio di incunaboli di C. van Beughem: Incunabula typographiae sive Catalogus (1688).

Tutte le cose ai loro inizi fanno tenerezza: pochi resistono a un pupo dai dolci occhioni, che zampetta goffamente inciampando da tutte le parti.

Lo stesso effetto esercitano, su alcuni individui, i volumi prodotti nel primo cinquantennio di vita della stampa. Libri che ancora non sanno bene cosa vorranno fare da grandi, che imitano la forma dei manoscritti per darsi un tono. Libri prodotti a un ritmo, per oggi, esasperatamente lento, tramite una rudimentale macchina che altro non è se non una variante della pressa per fare il vino.

Eppure proprio la loro ingenuità li rende assurdamente teneri: sono degli adorabili cucciolotti, creaturine che stanno ancora nella culla. Questo pensarono i primi umanisti che scelsero di chiamarli incunabola. In alternativa è usato anche un altro nomignolo vezzoso: “quattrocentine”, in riferimento al periodo di produzione.

Va detto che la stampa esisteva già prima del 1455, nella forma della xilografia: un blocco di legno veniva intagliato, cosparso d’inchiostro e pressato su una pagina. Peccato che, in questo modo, la matrice potesse essere usata per stampare soltanto quella data immagine. Gutenberg invece creò uno stampino per ogni carattere dell’alfabeto, così da poterli combinare per stampare testi sempre diversi: è appunto la stampa a caratteri mobili.

Che poi, a essere onesti, entrambe le tecniche erano già apparse in Cina, rispettivamente nell’VIII e XI secolo; anche la carta era stata inventata dai cinesi e diffusa poi dagli arabi. Gutenberg – un semplice orafo tedesco, che a quanto si sa non s’era mai occupato del commercio di libri in vita sua – ebbe la genialità di rilanciare queste invenzioni, nell’esatto momento in cui il mercato europeo era pronto per riceverle.

Ciò che ne nacque cambiò il mondo per sempre. Perché si sa, in ogni famiglia la nascita di un figlio è un po’ come lo scoppio di una bomba: immaginiamoci uno stuolo di piccoli incunaboli che strillano a destra e a manca, elargiti a getto continuo soprattutto dalle stamperie di Germania e Italia (in specie di Venezia, che in breve divenne la città europea più importante in campo editoriale).

La mente stessa delle persone cominciò, impercettibilmente ma irrevocabilmente, a cambiare. La circolazione delle idee si fluidificò, divenendo più rapida e meno controllabile, e viceversa i testi si solidificarono. Prima ogni copista li trasmetteva un po’ a modo suo; con la stampa invece si affermò l’idea moderna di testo, deciso una volta per tutte dall’autore e diffuso poi in varie copie identiche. Due trasformazioni che giocarono un ruolo chiave nello sviluppo della Riforma protestante e della rivoluzione scientifica.

Non solo: secondo McLuhan, autore della Galassia Gutenberg, la stampa segnò definitivamente il primato della cultura scritta su quella orale. Ciò significa che la parola non fu più percepita anzitutto come una forza viva, capace di agire attraverso il suono, ma come il veicolo di un significato mentale. Anche per questo la stampa fu accolta tardi dal mondo islamico, attentissimo al valore della parola in tutti i suoi aspetti (la pronuncia corretta è essenziale nella lettura del Corano). Inoltre la lettura rappresenta una modalità di apprendimento individuale e meno emotiva rispetto all’ascolto, e non a caso individualismo e razionalismo sono due caratteristiche distintive dell’epoca moderna.

Tutto questo racchiudono, in nuce, gli incunaboli: come bimbi che dormono nella culla, ignari di stringere nei loro pugnetti l’imprevedibile potenza del futuro.

Parola pubblicata il 14 Giugno 2021

Parole d'autore - con Lucia Masetti

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