Sussiego

sus-siè-go

Significato Contegno grave, sostenuto, altezzoso

Etimologia dallo spagnolo sosiego ‘contegno’, ma propriamente ‘calma, quiete’ derivato di sosegar ‘calmare, acquietare’, che attraverso l’antico spagnolo sessegar, e l’ipotetica voce del latino parlato sessicare ‘far sedere, far riposare’, deriva da sedere ‘stare seduto’.

Il sussiego si mette all’anima di significare qualcosa di molto complesso e sottile, da definire. Però la sua è un’impresa meritoria, perché è anche qualcosa di importante — un atteggiamento che appare come un groppo di autorità, di antipatia, perfino di pericolo. Ha molti esimi colleghi sinonimi, ma riescono a significare il concetto solo a patto di qualche sbavatura e di fatica semantica. Invece lui, il sussiego, lucra una scelta di significato fulminante del suo precedente spagnolo.

Già: il sussiego è un prestito adattato dello spagnolo sosiego, che ha il significato di ‘calma, quiete’, e per estensione ‘contegno’. Arriva su questi placidi lidi da un sosegar che attraverso forme precedenti continua l’ipotetica voce del latino parlato sessicare, ‘far riposare’ — derivato frequentativo di sedere, che in latino ha il sorprendente significato di ‘stare seduto’. Il nesso fra sedere e calma è magnifico, il tratto del contegno è molto promettente ma il sussiego lo porta ancora avanti, e lo fa per delle ragioni storiche abbastanza nitide.

Siamo nel Rinascimento, periodo di fioritura delle arti e della cultura… in un’Italia fatta a pezzi da epidemie e guerre delle più rapaci, fra praticamente tutte le potenze interne e straniere all’orizzonte. Fu un periodo in cui la gente d’Italia ebbe modo di conoscere bene e diffusamente, fra l’altro, il potere spagnolo: alla fine delle Guerre d’Italia (così sono note complessivamente quelle che in Italia infuriarono nei primi sessant’anni del Cinquecento) la Spagna dominava tutto il meridione e le isole, oltre a Milano.

L’espressione del potere asburgico spagnolo, in Italia e non solo, non spicca per essere alla mano. È un potere di grande formalità, grave, distante, ingessato, seduto, e di apparenza quietissima. La matrice del sussiego è in effetti proprio polemica o satirica verso questo volto del potere, antispagnola: ma la dominazione passa, l’impressione resta — la parola resta, e si normalizza.
Ora, prima di discernere meglio tutti i capelli del sussiego, questo è il punto formidabile da apprezzare: la degnazione, l’affettazione, come anche la gravità, l’alterigia, e via dicendo, sono concetti che non compaiono in italiano con figure concrete. Il loro grado di astrazione, per quanto intridano il mondo, è irrimediabile. Invece il sussiego scaturisce come una scintilla d’intuizione da una spiacevole frequentazione: nobili, immobili terga racchiuse in velluti rigidi su troni cupi. Nei primi tempi del suo uso il nesso con la caricatura del tratto del potere spagnolo era sempre ben presente a chi scriveva.

Il suo contegno è di gravità dignitosa; è un atteggiamento di compostezza che ha una serietà senza appello: la sua dimensione è una cerimonia su cui non tramonta mai il sole, un broccato di austerità su un corpo di sprezzo, di alterigia, con una mente che presume di sé il massimo — un massimo che non è generico e magmatico, ma incastonato razionalmente nel celeste ordine del mondo.

Così ci sentiamo spiegare con parole lente e sussiegose che il modulo che abbiamo compilato è scorretto, e la procedura deve essere ricominciata dal principio; quando nel conversare si tocca l’argomento che è la sua passione, l’amico estrae una pomposità e un sussiego che non mostra in nessun altro caso; e il sussiego espresso dalla foto di un profilo o da una voce al telefono ci mettono subito in allerta.

Una parola incisiva, sintetica, eloquente e che dà subito un tono di finezza ai discorsi che abita.

Parola pubblicata il 03 Gennaio 2024