Anastilosi
a-na-sti-lò-si
Significato Ricostruzione di antichi edifici e monumenti con le parti originali cadute a terra, secondo la struttura originale
Etimologia secondo alcune fonti, dal greco anastélosis, derivato di stelóo ‘innalzare come monumento’ col prefisso ana- nel senso di ‘indietro’; forse da stýlosis ‘colonnato’, col prefisso ana- nel senso di ‘sopra, su’.
- «Nel progetto è proposta un'ambiziosa anastilosi del tempio crollato.»
Parola pubblicata il 23 Dicembre 2022
In quanto Paese affollato di antichità che lo pongono sempre a contatto con la propria storia, le questioni che si situano fra architettura, archeologia e restauro hanno un rilievo pubblico notevole — ed è a questo incrocio che incontriamo l’anastilosi.
Il concetto in sé pare di una semplicità assoluta: tirare di nuovo su quello che è venuto giù. Più precisamente, per ‘anastilosi’ si intende un metodo di ricostruzione di un edificio o di un monumento antico che prevede l’uso delle parti originali crollate a terra, e secondo la struttura originale — una ricostruzione filologicamente corretta.
Ora, questo andrebbe inteso alla lettera: infatti ricostruire qualcosa di antico che è crollato apre le porte alle rivisitazioni più immaginifiche e proditorie — che potenzialmente snaturano ciò che quell’edificio o quel monumento era, e il suo essere documento del passato. Un monumento ricostruito con parti che non c’entrano niente, secondo forme ipotetiche, non racconta più la sua storia. L’anastilosi esige che sia ripercorso a ritroso l’arco di caduta dei pezzi originali presenti sul terreno; le aggiunte necessarie per la statica della ricomposizione di questi elementi devono essere discrete e riconoscibili. Così l’anastilosi rappresenta nei fatti un metodo non solo di conservazione e di miglioramento della leggibilità di un sito, ma anche un metodo di ricerca archeologica: può essere la via per una comprensione più profonda di un’opera.
D’altro canto, una volta che siamo a tirare di nuovo su edifici antichi, quando siamo a ricostruire statue coi loro pezzi, la pratica dell’anastilosi può risultare un po’ troppo stringente, e può rendere attraente e far considerare accettabile qualche allargamento: parti di edifici e monumenti crollati possono trovarsi poco distanti, nell’area, o essere rinvenute in uno scavo prossimo. Magari si hanno a disposizione a terra parti non contigue, che andrebbero in qualche modo raccordate con quelle ancora in opera: in questi casi sarebbe comunque ipotizzabile un restauro, per rendere all’occhio e alla mente qualcosa degli antichi fasti, o meglio del documento che quell’opera era.
Ma è un pendio scivoloso. Un ri-assemblaggio di questi ultimi generi non rispetterebbe precisamente il percorso a ritroso di un arco di caduta, geometrico rewind di un crollo. Un crollo non crea il deserto, la vita continua intorno alle rovine, che possono spostarsi, essere riusate, partecipare a storie nuove — e può risultare impossibile ricostruire con quei pezzi senza strappare altri documenti, altre e diverse testimonianze del passato. Senza contare che ciò che si trova ‘nelle vicinanze’ può non aver niente a che fare con il monumento originale, anche se dello stesso stile ed epoca: ogni anno, ogni mese dell’antichità ha pullulato di opere umane, e un ripristino anche ragionevole che impieghi reperti del posto può non corrispondere a una reale anastilosi.
È anche di questo che ci parla l’anastilosi: di quanta cura serva nel metodo della ricerca e della conservazione, e di quale tenore di scelte richieda. Di come anche un ripristino, che può sembrare così netto e che può avere un risultato tanto eloquente, ha il prezzo di una cancellazione. Perché le distruzioni, naturali e umane, sono testimonianze, e aiutano a ricostruire un contesto. Il crollo è un evento della storia del monumento: anche solo rimettere in piedi un tempio scrollato da un terremoto — tutte le colonne rotte in file parallele che si allungano in un prato — cancella qualcosa dal quel documento di pietra. E però è una cancellazione che può avere le sue ragioni: nella foto di seguito, di Benh Lieu Song, la facciata della biblioteca di Celso a Efeso, crollata in tempi remoti per dei terremoti e ricostruita per anastilosi, stupenda testimonianza di architettura romana.