Aschenazita
a-sche-na-zì-ta
Significato Nel passato era un aggettivo usato per indicare gli ebrei che abitavano la valle del Reno – attuale Germania. Oggi lo si usa per parlare dei discendenti degli ebrei dell’Europa centrale e orientale (e delle loro tradizioni e liturgie), che compongono una parte della società israeliana
Etimologia da Ashkenaz, parola che nell’ebraico medievale indicava grossomodo la Germania; nella Genesi ed indica, secondo la Tavola delle Nazioni, una popolazione discendente da Iafet, uno dei figli di Noè.
Parola pubblicata il 17 Luglio 2020
Parole semitiche - con Maria Costanza Boldrini
Parole arabe, parole ebraiche, giunte in italiano dalle vie del commercio, della convivenza e delle tradizioni religiose. Con Maria Costanza Boldrini, dottoressa in lingue, un venerdì su due esploreremo termini di ascendenza mediorientale, originari del ceppo semitico.
Nella Genesi si narra che, dopo il diluvio universale, i figli di Noè, cioè Sem, Cam e Iafet, furono i capostipiti di nuovi popoli: da Sem nacquero i semiti, da Cam i camiti e da Iaphet i ‘popoli del nord’. Non è chiaro a quali genti esattamente si faccia riferimento, ma la Tavola delle Nazioni, cioè la spiegazione etnologica biblica del mondo, dice che i discendenti di Iaphet si sparsero verso il settentrione. Iaphet ebbe diversi figli, tra i quali menzioniamo Gomer, il cui primogenito portò il nome di Ashkenaz. Alcuni affermano che in realtà non si chiamasse esattamente così, ma che il suo vero nome fosse Ashkuz, divenuto Ashkenaz per un errore di trascrizione.
La dicitura ‘popoli del nord’ è un’indicazione vaga. Forse è per questa ragione che nell’ebraico medievale si pensò di identificare con Ashkenaz il territorio della Renania e delle regioni attorno. La Germania era una terra quantomai settentrionale per gli ebrei, un popolo proveniente dalle sponde del Giordano!
Storicamente, dunque, con l’aggettivo aschenazita si indicano le comunità ebraiche dell’Europa germanofona. La popolazione semitica della zona subì diversi mutamenti demografici, nei secoli seguenti, a causa di persecuzioni, carestie ed epidemie: molte famiglie emigrarono verso l’attuale Francia, altre verso il nord-Italia (da segnalare l’importante diffusione del cognome ebraico Tedeschi, dal significato ialino), e molte di più verso l’Europa orientale. Ecco perché, oggi, con l’aggettivo aschenazita intendiamo non solo gli ebrei discendenti delle comunità germanofone, ma anche gli ebrei dei paesi slavi e delle nazioni baltiche.
La lingua parlata dagli ebrei aschenaziti era ed è lo yiddish, oggi diffuso principalmente negli Stati Uniti, specie nelle comunità ortodosse. Si tratta di un affascinante mélange linguistico con una trama di ebraico ed aramaico che si intreccia all’ordito grammaticale germanico, trapuntato di influenze romanze e decorato con ricami di slavismi per quanto riguarda lo yiddish parlato dagli aschenaziti dell’Europa orientale. Il tutto scritto in caratteri ebraici. Le prime tracce di questa lingua risalgono al XII secolo, sebbene gli accademici stimino che la nascita dello yiddish parlato avvenne addirittura nel IX secolo.
Come già accennato, in Italia settentrionale, particolarmente a Venezia, ci fu un certo afflusso di ebrei aschenaziti soprattutto dopo la Grande Peste del ‘300 (potete tristemente immaginare il perché). Con la fuga dei sefarditi all’indomani dell’editto di Granada, i quali si stabilirono principalmente tra Ferrara, Livorno ed Ancona, ma non disdegnarono le favolose opportunità commerciali rappresentate dalla Serenissima, Venezia si ritrovò ad avere una comunità ebraica assai eterogenea che chiedeva quindi diversi luoghi di culto in cui poter praticare i vari riti: fu così che nel ghetto di Venezia sorsero la Schola Grande Tedesca e la Schola Canton per gli ebrei aschenaziti, la Schola Levantina, la Schola Spagnola (di rito Sefardita) e la Schola Italiana.
La storia del popolo ebraico è un interessantissimo groviglio di vicende, spesso dolorose, che hanno intersecato l’identità etnica e religiosa col sostrato culturale del paese in cui ciascuna comunità si è sviluppata. Potremmo quindi dire, a giusto titolo, che non esiste una storia ebraica, ma tante storie ebraiche.