Avallo

a-vàl-lo

Significato Garanzia personale di pagamento di un debito altrui apposta sul titolo; conferma, approvazione, autorizzazione

Etimologia dal francese aval, di etimo incerto.

  • «Ha portato avanti il suo programma con l'avallo di una votazione interna.»

Che senso di dominio, di sicurezza che dà la parola ‘avallo’! Essendo una parola un po’ ricercata, la serietà seduta del suo essere conferma ne risulta acuita: basta sentire o leggere ho ricevuto, ho dato l’avallo per immaginare una pronuncia di potere.

E però non attinge ai grandi, tradizionali filoni dell’immaginario del potere decisionale — non a un potere feudale, un potere imperiale, un potere di forza. È una parola relativamente tarda, figlia di un diritto rinascente, con usi nuovi che invalgono senza una necessaria mediazione del latino e delle sue formule.

Infatti l’avallo ci racconta, nella sua prima veste seicentesca dell’aval francese, qualcosa di più spicciolo, da affare corrente: una garanzia personale rispetto a un debito altrui, apposta per iscritto sul titolo — in sé, solo una sottoscrizione, una nota firmata su assegni, cambiali o simili. Il senso di dominio dell’avallo scaturisce dal suo essere copertura: quel debito non è contratto attraverso l’avallo stesso. L’avallo, intervenendo a garantirne il pagamento, conferma il credito e sostiene il debitore. Salda quel rapporto.

Se ottengo l’avallo dell’assemblea per una proposta che ho presentato, se un partito dà il suo avallo a una candidatura, se pratiche prima solo tollerate in una zona grigia ricevono un avallo esplicito, l’atteggiamento del potere che descrivo non è interventista. Non è nemmeno protocollare come la ratifica, atto con cui un’autorità fa proprio l’atto ratificato; non è un giudizio estraneo come l’autorizzazione, né è patronale come un permesso. L’avallo implica un mettere in gioco qualcosa, ma appunto come copertura, come garanzia. Permette alla proposta, alla candidatura, alla pratica di procedere da sé: non si appropria di quella proposta, di quella candidatura, di quella pratica, ma piuttosto segue e sostiene, conferma. Ma da dove viene fuori l’aval francese?

È ancora incerto, ma ci sono in particolare due ricostruzioni che si spartiscono il campo — entrambe eloquenti, sull’atteggiamento che sta dietro l’avallo. C’è chi vuole derivi dall’abbreviazione della locuzione à valoir, cioè ‘deve valere’ (un po’ come accade per il nostro ‘vaglia’, che è una variante di ‘valga’): l’avallo si configura così quasi come un profilo che realizza, che comanda il valore con una controfirma.
L’altro, non da meno, lo legge come un’evoluzione dell’avverbio aval, ‘in basso’: l’avallo giunge quando tutto è scritto, e si pone come elemento ultimo, in fondo, figuratamente a valle. Come fanno le conferme finali.

Una parola sostenuta ma spendibile, che corre, che si usa, dall’aura netta, e che si fa sempre notare.

Parola pubblicata il 14 Maggio 2022