Bacusci
Dialetti e lingue d'Italia
ba-cù-sci
Significato Varietà linguistica: genovese tabarchino — babbeo, stupido, buono a nulla
Etimologia da arabo dialettale tunisino bakkush, propriamente ‘muto’ (il passaggio da ‘muto’ a ‘sciocco’ è frequentissimo, vedi l’inglese ‘dumb’).
- «T'é pròpiu in bacusci, ti!»: sei proprio un babbeo, tu! (frase in genovese tabarchino)
Parola pubblicata il 01 Dicembre 2025 • di Carlo Zoli
Dialetti e lingue d'Italia - con Carlo Zoli
L'italiano è solo una delle lingue d'Italia. Con Carlo Zoli, ingegnere informatico che ha dedicato la vita alla documentazione e alla salvaguardia di dialetti e lingue minoritarie, a settimane alterne esploriamo una parola di questo patrimonio fantasmagorico e vasto.
Il quadro dei dialetti e delle minoranze linguistiche del nostro paese offre un’inesauribile quantità di sorprese e di aneddoti storico/linguistici. Ad esempio nelle due isole di Sant’Antioco (in parte) e di San Pietro (in toto), che si trovano poco lontano dalla costa sud-occidentale della Sardegna, si parla, e ancora molto vivacemente, il ligure. Meritano di essere raccontati tre aspetti, quello linguistico, quello storico, e quello socio-culturale.
Linguisticamente si parla genovese, e per i dialettologi esperti di queste parlate si riconosce chiaramente un dialetto arcaico dell’area di Pegli, un tempo comune autonomo ora assorbito dalla grande Genova. In questo caso si conosce abbastanza bene la storia della migrazione di questa popolazione: quando si è mossa e com’è arrivata, ma, se anche non si fosse saputo, l’analisi della parlata da un punto di vista schiettamente linguistico permetterebbe a degli esperti di risalire all’area di provenienza e con una certa precisione all’epoca di distacco, anche solo analizzando come si sono conservate certe -r- intervocaliche che poi invece nella madrepatria sono scomparse in epoche più recenti. Abbiamo visto altre volte che il mutamento linguistico può essere usato come un vero cronometro storico.
Il dialetto ligure di quest’area (che si chiama tabarchino, e vedremo presto perché) ha moltissime parole d’origine araba come quella di oggi, che fa parte del repertorio, sempre vastissimo in tutte le lingue del mondo, di parole che significano ‘babbeo’, ‘sciocco’, ‘stupido’. Perché tante parole arabe, ben più che in genovese urbano, in questo genovese di Sardegna?
Dunque: alcune famiglie di pescatori liguri nel ‘500 emigrano da Pegli e si insediano su un isolotto davanti alla costa tunisina, presso la città di Tabarqa appunto, per dedicarsi alla pesca del corallo; dopo un paio di secoli di prosperità il banco corallifero si esaurisce, le scorrerie dei pirati diventano insistenti, i rapporti con l’impero ottomano si fanno più tesi, e il gruppo chiede al doge genovese un luogo per rinsediarsi. Viene fatta richiesta al re di Sardegna (che non è altro che il Duca di Savoia che, dopo varie vicissitudini, da poco si è preso la Sardegna e con essa il diritto a potersi chiamare ‘Re’) il quale concede il diritto a colonizzare le due isolette sarde, nelle località che oggi conosciamo come Carloforte e Calasetta. L’isola di San Pietro era stata abbandonata in precedenza, e fu ripopolata, mentre Calasetta fu fondata ex novo con un insediamento pianificato a pianta regolare, e tuttora entrambe hanno un aspetto architettonico assolutamente peculiare e diverso dal territorio circostante. Il nome dell’abitato di Carloforte in tabarchino è U Paize, cioè ‘il paese’, ‘l’abitato’, per antonomasia; il piatto tipico di U Paize è il Cascà, il cous-cous, di evidente origine tunisina, oltre che il tonno rosso, preziosissimo gigante che ancora attraversa quei mari.
Carloforte è il più vitale di molti piccoli relitti di quello che fu l’impero marittimo genovese, che si sviluppò essenzialmente tramite colonie costiere, ora in gran parte linguisticamente estinte: Bonifacio in Corsica, Galata a Istanbul, fino a Caffa in Crimea, Nuova Tabarka davanti alle coste di València e Trebisonda sul Mar Nero. La Lingua Franca dei porti medievali, lingua franca per antonomasia, era per buona parte, soprattutto per il lessico della marineria, a base genovese.
E poi c’è un aspetto che gli specialisti chiamano ‘sociolinguistico’, nel complesso quadro della tutela delle minoranze in Italia. Il ligure/genovese ‘della madrepatria’ non è riconosciuto come lingua di minoranza dalla legge italiana, che però in tutta la Sardegna riconosce il sardo, anche dove, come qui, è sostanzialmente una lingua straniera, mentre la Regione Autonoma di Sardegna riconosce il tabarchino come lingua autonoma e lo tutela, così come il Principato di Monaco fa col Monegasco che è un dialetto ligure di tipo occidentale. Forse proprio questa situazione anomala, oltre a fattori di forte radicamento territoriale e di sensazione di alterità di questi pescatori rispetto a una regione prevalentemente agricola e pastorale, ha fatto sì che il tabarchino sia tra le varietà locali meglio conservate in Italia, ancora parlato da tutti gli strati della popolazione e attivamente trasmesso ai bambini, godendo anche di una certa presenza nel settore pubblico.