Balsamo

bàl-sa-mo

Significato Sostanza resinosa usata a fini farmaceutici e cosmetici; profumo; lenimento per un dolore, conforto, sollievo; prodotto emolliente per capelli da applicare dopo lo shampoo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino balsamum, dal greco bálsamon, di origine semitica.

  • «Ah, le tue parole sono un balsamo!»

Prima di diventare in maniera tanto specifica il prodotto emolliente per capelli da applicare dopo lo shampoo, il balsamo era altro — anzi continua a poter essere altro, con grande fantasiosa versatilità. E la sua storia ci testimonia quanto la fame di esotismo, nei cosmetici, sia atavica.

In greco bálsamon era il nome di una pianta aromatica e del prodotto che ne derivava. Mica facile capire quale pianta, però: il sapere antico sul versante di descrizione, rappresentazione e tassonomia (specie di piante non autoctone) faceva acqua — anche se magari era assodato come si potesse usare una certa pianta per fini farmaceutici o cosmetici. Anzi, spesso sono proprio questi saperi pragmatici a farci capire di che piante si tratta.
Questo balsamo originario potrebbe essere quella oggi nota come Commiphora gileadensis, un albero dalla cui corteccia si estrae una resina odorosa — simile alla Commiphora myrrha, da cui si trae la gommaresina della mirra. Sono piante originarie di quella regione che si estende fra Corno d’Africa e Penisola Arabica — e non c’è da stupirsi che il greco bálsamon sia in effetti un prestito semitico, ad esempio confrontabile con l’ebraico bāśām.

Data l’origine, è facile immaginare come il ‘balsamo’ in italiano (prestito duecentesco del latino balsamum) non sia mai stato niente di troppo specifico. Ha indicato un genere intero di secrezioni vegetali di grandi variegate virtù farmaceutiche e cosmetiche. Potevo parlare dei balsami conservati dallo speziale del monastero, dei ricchi balsami della gran signora, dei balsami riportati a casa per mare dalla spedizione commerciale. L’esotismo del nome e dell’immaginario che si tira dietro — come ancora accade oggi — è da sempre parte essenziale del marketing (pensiamo allo stesso shampoo!). E se ci aggiungiamo che il termine è impiegato nel gergo e nella liturgia della Chiesa, il successo è assicurato. Ma il balsamo trascende il prodotto cosmetico.

Si fa aroma, profumo — ma non tanto profumo colto nel suo essere esteticamente gradevole. La lunghissima considerazione del balsamo fa sì che vi sia qualcosa di trasformativo, nel suo aroma, qualcosa di medicamentoso, di confortante. Se parlo dei balsami delle foreste, non sto registrando seccamente gli odori delle faggete: sto dicendo che quei profumi curano. Se parlo del balsamo che si leva dal prato d’aprile, io racconto il modo in cui quel profumo lenisce, dà sollievo. Se parlo del balsamo del pasto domenicale che si spande giù per la tromba delle scale, ecco che dipingo una grande, accogliente consolazione.
Il balsamo in effetti diventa direttamente il rimedio contro il dolore, già nel Seicento. Per la mia convalescenza la nuova serie di libri è un balsamo, le tue parole sono un balsamo per la mia preoccupazione, la giornata di sole ha su di me l’effetto di un balsamo. Una bella sottigliezza, una splendida parabola di significato.

Gli usi che fanno del balsamo, per ulteriore estensione, un cibo o una bevanda squisita che ristora («questo vino è un balsamo», «questo tiramisù è un balsamo») e soprattutto il prodotto cosmetico che troviamo al supermercato per la cura dei capelli sono ben più recenti. Se vogliamo, se abbiamo l’apertura di dare al balsamo il suo ruolo scontornato di sostanza o aroma che lenisce, che agisce sottilmente su mente e corpo, possiamo farlo diventare una parola straordinaria.

Parola pubblicata il 15 Aprile 2025