Cicerone

ci-ce-ró-ne

Significato Oratore dappoco; persona eloquente e saccente; guida turistica

Etimologia dal nome di Marco Tullio Cicerone, politico, avvocato e filosofo romano vissuto fra il 106 e il 43 a.C.

Pensiamo agli amici che ci hanno invitato a stare qualche giorno da loro in una bella città d’arte, e ci fanno da ciceroni; pensiamo all’amica laureata su un certo pittore, che quando c’è una mostra non vede l’ora di farci da cicerone; o pensiamo alla nascita di questa accezione, a quando nel Settecento i giovani europei facevano in Italia il loro Grand Tour (primi turisti) e di località in località, specie nella meraviglia in rovina delle antichità di Roma, si facevano mostrare i paraggi da indigeni scafati e fantasiosi che facevano da ciceroni. È un ruolo che richiede una certa capacità oratoria, deve insegnare e intrattenere, accattivando, sentendo sempre il polso dell’uditorio, preparando colpi di scena teatrali, scorci pittoreschi, e magari un po’ di avventura epicoria — anche se non si è eruditi come una guida turistica dei nostri giorni.

Fu giocoforza chiamare ‘cicerone’ chi prendeva questo ruolo, un po’ per alimentare l’aura antica della romanità, un po’ per echeggiare le qualità dell’oratore per antonomasia, un po’ perché quel cice ci rammenta le origini espressive dell’inciucio e del cicisbeo, che in questo suono mimano la chiacchiera. Ma in questo esito vediamo uno degli impoverimenti più amari di cui sia capace un’antonomasia.

Di nomi di celebri romani ne usiamo qualcuno, come antonomasia: il cesare è il capo, il sovrano (ed echeggia nel Kaiser, nello Zar); un mecenate è un patrono di artisti; un marcantonio è un omone alto e forte. E Cesare è effettivamente colui che impose un cambio di passo alla Repubblica in quanto ad accentramento del potere; Mecenate fu effettivamente l’aggregatore e il sostenitore lungimirante e interessato di un circolo di artisti immortali (fra cui spiccarono Virgilio e Orazio); e Plutarco ci dice che Marco Antonio aveva una stazza eccezionale. Ma Cicerone. Egli non faceva da guida turistica, né si può ridurre a quel genere di oratoria.

Gli antichi Romani ci paiono un po’ tutti piatti alla stessa maniera, quadrati come le loro mascelle, e spesso nelle riduzioni del nostro sapere sono davvero solo tratti essenziali delle loro personalità a essere immortalati: Cesare è tutto carisma, Mecenate tutto arte, Marco Antonio tutto passione. Cicerone è tutto oratoria: ma fu una persona di un’umana complessità delle meno riducibili. Repubblicano alla fine della Repubblica, ma preminente, e conservatore sui privilegi dell’aristocrazia, cui peraltro non apparteneva, sospeso fra senso di superiorità e di inferiorità; tessitore indefesso di relazioni pubbliche, ora puro e limpido ora manipolatore e opportunista, con amicizie tenere e devastanti inimicizie; tradusse la filosofia greca dando un lessico filosofico al latino; fu il primo degli avvocati del suo tempo, portando la retorica e l’arte oratoria a un livello superiore, e trovando una sintesi stilistica che sarebbe stata fissata per sempre come il modello dell’intera prosa latina; politico, arrivò al consolato: salvatore della patria dalla congiura di Catilina e forcaiolo che fece giustiziare i congiurati senza processo; ora bellicoso, ora in cerca di pace; potente, pieno di sé oltre ogni limite del ridicolo, che si sentiva chiamato ad essere il primo della Repubblica per proprie doti personali, e prostrato, che passa le giornate da solo nei boschi dopo la morte della figlia. I sicari di Antonio, nel 43 a.C., gli mozzarono la testa e le mani, che nel parlare e nello scrivere erano state così oltraggiosamente pericolose.

In italiano nel Cinquecento il suo nome diventa l’antonomasia per l’oratore da strapazzo, per poi diventare per scherzo la persona eloquente, più volentieri saccente; e poi si fa guida turistica. È divertente scherzare su Marco Tullio Cicerone, molto, così come per il cucciolo di leone è divertente assaltare e mordicchiare, complice, il padre.

Parola pubblicata il 29 Agosto 2019