Criptico
crìp-ti-co
Significato Oscuro, enigmatico
Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo crypticus, ‘nascosto, sotterraneo’, dal greco kryptikós ‘atto a nascondere’, da kryptós ‘nascosto, occultato’, a sua volta da krýpto ‘celare, coprire, sotterrare’.
Parola pubblicata il 06 Aprile 2021
Di parole che raccontano qualcosa di analogo al criptico ne abbiamo molte, e si sanno differenziare intensamente per tono e sfumatura. Alcune fanno riferimento a tradizioni esoteriche, come il sibillino e l’ermetico, altre corrono su piste consuete, come l’oscuro, il nascosto e il segreto, qualcuna si concentra su suggestioni d’occulto come il misterioso e l’enigmatico, altre cavalcano registri elevati, come il celato e l’arcano, e altre ancora si proiettano in negativo, come l’incomprensibile e l’impenetrabile.
Il criptico si affaccia a questi significati come esponente di una famiglia non numerosa ma estremamente significativa — quella del verbo greco krýpto ‘celare, coprire, sotterrare’. Sono suoi parenti la cripta, in qualità di camera sotterranea (da qui anche la grotta), ma anche la crittografia, in qualità di sistema di scrittura cifrato, proprio così come il verbo criptare, che ha il significato di cifrare dei dati rendendoli inaccessibili per chi non ne abbia la chiave di decodifica, e in generale il fruttuoso elemento cripto- o critto- che in italiano è stato usato e si usa ancora per produrre parole (da criptozoologia a criptofascismo, per esempio) in cui si voglia descrivere qualcosa di nascosto.
Ebbene, quando attribuiamo la qualità del criptico ci rifacciamo al concetto di ‘nascosto’ in maniera particolare: un gesto criptico, un nome criptico, una perifrasi criptica sono tranquillamente in piena evidenza — ad essere nascosto è il loro senso, il loro significato. In greco kryptikós è ciò che è atto a nascondere, a dissimulare. Ma la nascostezza del criptico non è ammantata di un tono arcano — non è un termine magniloquente come sanno essere il misterioso e l’enigmatico. È sobrio, è asciutto, perfino pragmatico.
Se diciamo che la poesia offre dei simbolismi criptici non stiamo dando alla loro cifra nascosta il respiro di un mistero ermetico — anzi forse chi l’ha scritta non s’è fatto intendere tanto bene; se diciamo che nelle intercettazioni le due voci tentavano di usare un linguaggio criptico, ci conserviamo più compassati di quanto saremmo parlando di un linguaggio segreto; se una formula matematica ci pare criptica possiamo riprendere la dimostrazione dal principio, se ci pare impenetrabile mi do un tono da egittologo del sabato sera; se dico che per fretta ho dato una descrizione criptica, intendo che poteva essere compresa solo da chi già ne sapeva qualcosa — e incomprensibile suonerebbe esagerato. E la chiusura criptica della serie televisiva ha la sua bella funzione, ci promette di essere iniziati in futuro — se la dicessimo sibillina o enigmatica, forse, la staremmo giudicando (o presentando in una maniera) un po’ pretenziosa.
Al tono asciutto ed elegante contribuisce il suono: vocali chiuse e rade, occlusioni secche ripetute (k-p-t-k), con l’unica minima vibrazione consonantica della ‘r’. Un fonosimbolismo notevole.