Curiale
cu-rià-le
Significato Relativo alla curia, che opera presso una curia; aulico, solenne; cavilloso, formale; dotto, esperto
Etimologia voce dotta recuperata dal latino curialis, da curia.
- «È uno stile fin troppo ricercato e curiale.»
Parola pubblicata il 19 Settembre 2023
Una parola molto promettente ma particolarmente ostica, soprattutto perché a conti fatti che cosa sia ‘sta curia non si ha proprio ben presente. Al massimo (per la verità spesso) si sente parlare di ‘curia romana’, e capiamo alla grossa che si riferisce a qualcosa della Santa Sede vaticana, ma non è un uso che chiarisca bene che cosa sia in genere una curia. Naturalmente, dobbiamo tornare molto, molto indietro nel tempo.
La curia nel diritto romano ha una dimensione ancestrale, per certi profili mitica: è la più antica ripartizione amministrativa di Roma, tradizionalmente fatta risalire addirittura a Romolo, che divise le tre tribù, confluite nell’Urbe, ciascuna in dieci curie. Erano aggregazioni sociali con assemblee proprie (i comizi curiati), usi e culti condivisi: addirittura si ricostruisce che questo nome piuttosto misterioso, curia, sia antica forma di una composizione di antecedenti di con- e vir ‘uomo’, rappresentato proprio un consorzio primordiale del tessuto sociale romano. Ad ogni modo, progressivamente le curie persero rilevanza — ma non sotto ogni profilo.
Come spesso accade, il nome dell’assemblea di persone si attacca al luogo dove l’assemblea si tiene. E a Roma perdura la curia come luogo d’alta assemblea — ad esempio nella Curia Saliorum si riunivano i sacerdoti Salii, mentre nella Curia Hostilia il Senato stesso.
Consorzio, luogo, assemblea: il nome trasmigra, di volta in volta muore un suo corpo di significato e lui s’incarna in un altro, l’altro muore e lui è già radicato altrove. Nel Medioevo le curie sono corti (pensiamole anche come corti regali) che esercitano funzioni amministrative e giudiziarie, come pure assemblee popolari, e di notabili — ai nostri giorni mantiene un nesso forte col tribunale, può indicare il tribunale stesso, e chi vi opera. Riprendendo il filo iniziale, è uno dei nomi dell’antica Roma che la Chiesa ha conservato e reimpiegato — non doveva essere poi bizzarro vedere un pontefice in curia, nemmeno ai tempi — e oggi per ‘curia romana’ s’intende giusto il complesso amministrativo della Santa Sede. Al curiale ancora non ci siamo arrivati, ma fatta questa deviazione la strada è tutta in discesa.
È naturalmente ciò che è relativo a una delle curie che abbiamo citato. In particolare, se non parliamo di storia, possiamo parlare di come un certo impegno politico porti alla riduzione degli impegni curiali di chi teoricamente lavorerebbe ancora in tribunale, o di come io sia l’unico non curiale nella compagnia di amici e amiche, o ancora dell’inclinazione più curiale che teologica di un certo uomo di chiesa.
Ma più in astratto il curiale è solenne, aulico. Può anche essere letto come formale e cavilloso, però. Così se mi arriva una lettera curiale di congratulazioni, certo non mi scalda anzi magari mi fa sorridere; se un’intimazione mi arriva con una lettera curiale, probabilmente mi allarmo. Particolarmente interessante e fine è il curiale usato come contrario di profano, laico, non dotto: se una cosa è dibattuta anche in ambito curiale, se è un sapere il cui accesso richiede d’essere curiali, se un fenomeno sorprende e meraviglia me da laico e te da curiale, tratteggio il profilo di chi è dentro a un certo ambiente che è anche un ambiente di sapere e potere condiviso.
È una parola che ha uno status specialissimo. Perché da un lato non è facile da comprendere a fondo e da usare, ma dall’altro è immediata, accessibile, e radicata in un ‘nostro’ di quando nonni e nonne mangiavano pagnotte di solo farro, antico come gli oliveti.