Defilare

de-fi-là-re (io de-fì-lo)

Significato Sottrarre alla vista; come riflessivo, sottrarsi a un obbligo, a un impegno

Etimologia dal francese défiler ‘marciare in fila’.

  • «Appena ha sentito il suo nome si è defilato.»

Lo testimoniamo quasi ogni giorno: la sottigliezza delle parole è fatta molto spesso dal prefisso, che è capace di dare un carattere e un’aura di precisione sorprendente a una base anche molto ordinaria.

Se dicessimo che ‘defilare’ significa ‘sfilare’ non staremmo dicendo una cosa poi sbagliata. Anzi, nel defilare troviamo compendiati i due significati di ‘sfilare’, entrambi correnti: muovere in fila e togliere da una fila (in senso lato). Posso sfilare mostrando il mio vestito nuovo, e sfilare un grissino dal sacchetto. Sono anche significati propri del défiler francese, che però in italiano, nella veste di ‘defilare’, è stato accolto in particolare nel lessico bellico, con un senso specifico.

In questo contesto lo spostarsi in fila ha un tratto di discrezione: defilare un contingente è sottrarlo alla vista del nemico, facendolo uscire dalla linea di posizione e marciare in linea attraverso passaggi impervi, sfruttando la conformazione del terreno e dei suoi ostacoli per occultarlo. La matrice ormai è opaca, non pensiamo più al defilare come a una manovra militare, ma il genere di movimento resta quello.

In particolare come riflessivo (dato che insieme alla gerarchia militare si perde il carattere esterno dell’ordine) il defilarsi ha preso il significato di sottrarsi alla vista altrui, con estensioni figurate estremamente simpatiche.

Infatti classicamente mi posso defilare quando sopraggiunge la collega a cui devo restituire un libro da mesi, o posso defilarmi quando si decide chi è che apparecchierà la tavola. Ma già così vediamo che il defilarsi non è mai un mero nascondersi: è uno sfuggire a un obbligo, a un impegno indesiderato. Mi defilo quando annuso che stanno chiedendo donazioni per una causa di cui non m’importa niente, e in un lampo d’intuizione mi defilo ancora prima che l’amico possa proporre una bella corsetta prima di pranzo.

Sentiamo che differenza abissale con lo ‘sfilare’ (vabbè, non proprio abissale, ma il dramma serve). Anche lo sfilarsi riflessivo può avere questi valori: cerchi aiuto per spaccare la legna? Mi sfilo con una scusa. Arriva la persona a cui ho detto cose di cui mi vergogno? Mi sfilo dalla festa. Però questo sfilarsi è più visibile, frusciante: c’è una certa gattesca agilità e un certo sforzo di destrezza, nello sfilarsi, che lo rende paradossalmente più evidente. (Difatti ti posso sfilare il giornale letteralmente da sotto al naso — ma se lo defilo non te ne accorgi.) Il prefisso ‘s-’ è molto sintetico, versatile ed espressivo, ma è anche sbrigativo. Il ‘de-’ è intimamente aristocratico, distinto e discreto, e qui si leva dalla fila senza dare nell’occhio. Se mi defilo con una scusa, lo faccio con una certa eleganza, se mi defilo dalla festa non ne esco strisciando fra i cappotti, piuttosto chiedo permesso, accenno, scompaio, «Dov’è? Dev’esser qui, era qui un momento fa». In questo, è simile al dileguarsi — anche se la sua immagine di liquefazione è meno composta, e più misteriosa.
Per essere di matrice militare, l’esito è davvero sofisticato, anzi squisito.

Parola pubblicata il 17 Ottobre 2025