Dilavare

di-la-và-re (io di-là-vo)

Significato Sbiadire, scolorire, specie per azione dell’acqua; di acque meteoriche, scorrere sul terreno asportandone alcuni componenti

Etimologia voce dotta recuperata dal latino delavare, derivato di lavare col prefisso de- che indica allontanamento.

  • «La compagnia continua ha dilavato la reciproca antipatia.»

Tanto comune, sbrigativo e prosaico è il lavare, tanto ricercato, ponderato e poetico è il dilavare. È l’ennesima volta in cui assistiamo a una magia compiuta da un prefisso, che può ribaltare ogni parola, cambiarne la luce e il sapore.

Il dilavare è un lavare via. Niente di complesso, si direbbe. Ma allora perché usarlo al posto di ‘lavare via’?
Be’, ‘lavare via’ è didascalico, operativo, ha un’incisività pesante, con quell’esplicitazione di un ‘via’ forte. Il prefisso de- è più sospeso, accenna solo che col lavare qualcosa si allontana — e tanto è sospeso che finisce per astrarre anche il ‘lavare’. Mentre comunemente laviamo via la macchia di sugo, difficilmente diremmo che la stessa macchia viene dilavata. Per capire di più, possiamo rivolgerci a un uso speciale di questo verbo.

Per quella prossimità che c’è fra poesia e scienza, il dilavare si fa termine della geologia, e racconta il modo, lento o rapinoso, che hanno le acque di scorrere asportando componenti del terreno, erodendo, consumando. Il colle disboscato si ritrova ad essere in breve dilavato dalle piogge, che lo spogliano e rendono brullo, e nel deserto le rocce dilavate testimoniano la diversità del clima antico.

Anche nel discorso comune è questo ciò su cui si concentra oggi il dilavare: non sull’asportazione di un più indesiderato, quale è fondamentalmente l’azione del lavare, ma piuttosto su una consumazione. Tant’è che si fa prossimo allo sbiadire, allo scolorire. Ecco, la dimensione di smussamento cromatico, nel dilavare, è particolarmente accentuata. Ma non allo stesso modo che nello slavare.

Lo slavato è direttamente, pianamente sbiadito. Smorto. Non ha carattere, non ha forza espressiva, è scialbo, anodino. Il perché s’intende facilmente: s- è un prefisso non lontano da de-, ma molto più spiccio. Descrive rapidamente, nettamente, senza lasciare spazio di pensiero. Invece il dilavato conserva un respiro che può arrivare alla riflessione filosofica, e che sempre fa spazio a una considerazione calma, che ha la sua piccola vastità. Possiamo constatare che la camicia ha già un blu slavato, e non ne compreremo più di questa marca, o che i sentimenti presentati nel film sono slavati; ma un ricordo è più difficile che sia slavato. Invece possiamo notare come il tempo abbia dilavato un ricordo, ragioniamo su come una ragione d’astio antica sia stata dilavata (perché mai scorreva cattivo sangue?), constatiamo come l’attesa prolungata abbia dilavato l’aspettativa — e tornando al concreto possiamo osservare come di volta in volta si dilavino i colori della maglia che l’amico ci ha regalato.

È in queste specificità d’uso, non contenute nelle definizioni, che vive una parola. Piazzare un ‘dilavare’ in una frase — verbo accessibile in modo immediato, perfino banale — la pone in una prospettiva riflessiva, che prende in conto il tempo: in particolare, il modo in cui allontana parte delle cose, e il modo in cui è misurato dal lavare.

Parola pubblicata il 14 Marzo 2023