Falansterio

fa-lan-stè-rio

Significato Nell’utopia di Fourier, città-edificio destinata ad accogliere le abitazioni e le attività produttive di un’intera comunità; in senso spregiativo, grande edificio densamente abitato

Etimologia da phalanstère termine coniato dal filosofo francese Charles Fourier all’inizio del XIX secolo, composto dal phálagks ‘falange’ e dal suffisso di monastère ‘monastero’.

L’alba della civiltà industriale è stata ricca di utopie sociali. Quella di Charles Fourier non è eccezionale, piuttosto ha il pregio di inserirsi con idee molto chiare, per certi tratti, in un filone architettonico, urbanistico, sociale che durava da secoli e che per secoli sarebbe durato.

Il falansterio, come il conio ci suggerisce, subisce la suggestione del monastero quale comunità sociale, spirituale ed economica autonoma e separata. In questo genere di mastodontica struttura (da Fourier minuziosamente descritto) avrebbe vissuto la falange, un gruppo sociale di millenovecento persone, trecento più, trecento meno. Abitazione, lavoro, e ogni altra esigenza umana vi avrebbe trovato posto: il falansterio sarebbe stato del tutto autosufficiente. E lì, ça va sans dire, la falange avrebbe prosperato in pace, senza la necessità di alcuna coercizione. (E con un occhio alla contemporaneità è difficile non vedere niente del falansterio nell’unité d’habitation di Le Corbusier.)

Questa utopia di Fourier non è molto nota, e nei tanti anni che sono passati da quando fu formulata è certo cambiato il rapporto con l’idea di casermoni dove si dovrebbe svolgere la vita di intere comunità. Poteva avere il fascino di un sogno d’armonia positiva, ma oggi che roba del genere è spesso realtà ci viene in mente solo un alveare di drammi e degrado. E in effetti il falansterio, da concetto d’avanguardia utopistica, è diventato con spregio l’edificio colossale abitato con una densità terrificante. Arrivando col treno alla grande città si vedono in periferia falansteri da far rabbrividire, il falansterio ingombra il quartiere con una mole esosa di cemento, e l’amministrazione che crede di poter risolvere il problema abitativo con un falansterio dopo l’altro sacrifica il proprio territorio.

È una parola ricercata; ma l’assonanza col monastero (che funziona anche in taliano), la sua articolata lunghezza e il suono pieno rendono la sua espressività agile. Insomma, chi passa accanto al palazzone esclamando “Caspita, che falansterio!” non sta facendo mistero della sua impressione.

Parola pubblicata il 26 Settembre 2018