Fuliggine
fu-lìg-gi-ne
Significato Particolato carbonioso, che appare e si deposita come residuo di polvere nera e untuosa, prodotto da combustioni incomplete
Etimologia dal latino fuligo ‘fuliggine’, da una radice proto-italica fuli-, cioè ‘fumo’, di origine indoeuropea.
Parola pubblicata il 03 Ottobre 2021
Il grande poeta e artista inglese William Blake ha dedicato due poesie, capolavori pietosamente struggenti, a delle figurine che si aggiravano sui tetti della Londra vittoriana, piccole e magre, col capino rasato e i poveri vestiti neri di sporcizia. Erano i cosiddetti chimney sweepers, gli spazzacamini, bambini abbandonati dai genitori che per mantenersi facevano uno dei lavori più ingrati e insalubri, strizzandosi negli stretti condotti dei camini, pulendoli, raschiandoli, respirando fumo e fuliggine.
‘Fuliggine’ è un termine che oggi suona un po’ ricercato: è normalmente distante, appartiene ad un tempo perduto e che forse sa di festa, sa di camino acceso a Natale e di caldarroste sul fuoco (e non ci evoca i chimney sweepers). Per secoli, invece, questa sostanza volatile prodotta dalla combustione della legna nei focolari domestici e non solo, è stata compagna costante e quotidiana della vita umana e delle fatiche del lavoro, depositandosi sulle cose col suo nerume vellutato, incastrandosi nelle rughe dei volti, nelle linee delle mani, sotto le unghie, marcando con la sua spietata leggerezza il tempo che passa e le stagioni che si ammassano. Ad esempio è più che plausibile che l’atrio, grande stanza il cui nome giunge fino a noi dall’atrium romano, sia scaturito dal latino ater, cioè atro, nero di fuliggine — in quanto in origine stanza del fuoco.
La parola ‘fuliggine’ ha un suono nebbioso, misterioso, insieme scuro e sottile. La sua origine è nella latina fuligo che nasce da una radice protoitalica, col significato di ‘fumo’. Sebbene sia una parola concreta, legata alle faccende domestiche d’un tempo e ad un vivere che esiste sempre meno, possiamo incontrarla nella casa di campagna, e allora rimproveriamo i bambini per aver fatto un gran pasticcio con la fuliggine, o chiederemo una mano agli amici per pulire il camino se non vogliamo mangiare pane e fuliggine a pranzo.
Ma non solo: come può accadere poeticamente con le parole che significano le cose più semplici, anche se avviate sulla china dell’oblio, possiamo menarla verso lidi più astratti e freschi, meno battuti; e allora deploreremo l’amico il cui giudizio è obnubilato da teorie fuligginose e bislacche, cercheremo di osservare la situazione con distacco senza farci soffocare dalla fuliggine della paura, noteremo come su un ricordo si sia depositata una fuliggine di malinconia, e ci viene da svenire a quello sguardo intenso e nero come la fuliggine.