Gongorismo

gon-go-rì-smo

Significato Stile barocco e prezioso, specie letterario

Etimologia dal nome dello scrittore cordovano Luis de Góngora y Argote.

  • «Il suo saggio si distingue per gongorismo: forse è profondo, ma lo trovo inaccessibile.»

Certo, si può notare come l’uso del termine ‘gongorismo’ sia un segno di gongorismo, ma non affrettiamo giudizi: constatiamo come questa parola ci permetta di accedere alla complessità del concetto di “stile caratterizzato da un estremo sfoggio di preziosismi e ricercatezze”. Su questa via, dovremo fare la conoscenza del cordovano Luis de Góngora y Argote.

Siamo nella Spagna degli Asburgo, nel siglo de oro, quel secolo d’oro in cui raggiunge il suo apogeo politico-militare ma anche artistico. È un periodo pieno di spinte contrapposte, opulento e severo — da un lato le esplorazioni centrifughe, fastose e bizzarre del Barocco, dall’altro le discipline centralizzanti, inquisitorie e conformiste della Controriforma. E in realtà non è un siglo come lo intendiamo oggi, sono almeno un paio di secoli, dalla fine del Quattrocento a quella del Seicento.

Luis de Góngora y Argote chi è, e che fa? È un chierico, e scrive, specie poesie. Niente di strano, in questo. La peculiarità sta nel suo stile: attua e predica una squisitezza composta di cultismi, recuperi dotti dal latino e dal greco, ne ripercorre gli stili retorici e le preziosità formali, abbonda di simmetrie e di iperbati, cioè separazioni di parole strettamente legate secondo strutture che non seguono la normale sintassi del discorso (come potremmo, in questo preciso e crediamo necessario esempio, evidenziare — e mille ancora potremmo fare consimili esempi). Perciò il gongorismo diventa lo stile baroccone, prezioso, secondo il modello di Góngora — che ha avuto tanti estimatori e tanti detrattori. Il passare dei secoli, però, sfalsa il giudizio.

Questi tratti del gongorismo (tendenza a cui non mancano paralleli coevi in Italia e in Europa) fanno parte di un corredo di caratteri che nella letteratura, nella poesia e nella lingua intera, corrente dopo corrente, ha lasciato il segno. Il fatto che letteratura e poesia siano luogo naturale di termini ostici è testimoniato dal fatto che oggi parole del genere le diciamo spesso letterarie o poetiche — e non solo; la ricerca del cultismo, della voce dotta pescata dalle lingue classiche, ha ampliato il vocabolario ordinario delle nostre lingue. In quella fase storica era una ricerca tutt’altro che pacifica: ad esempio i primi accademici della Crusca, avanti a tutti Lionardo Salviati, mettevano in guardia contro il potere inquinante dei latinismi, che snaturano la lingua.
Oggi c’è stata una profonda normalizzazione del fenomeno, anzi tante volte non percepiamo nemmeno più quali siano voci dotte e quali siano voci popolari — e quelli che alla sensibilità di qualche secolo addietro sarebbero sembrati dei barocchismi, segni di gongorismo, per noi sono del tutto scontati (come, peraltro, la facciata della chiesa seicentesca davanti a cui passiamo tutti i giorni).

‘Gongorismo’ è un termine specifico della storia della letteratura, ma possiamo impiegarlo per estensione per indicare uno stile che attraverso la ricerca del cultismo, la preziosità formale e la difficoltà dei riferimenti, vuole essere per pochi. E che magari lo fa con un certo compiacimento — inutile far finta di non sentirci dentro il gongolare.
Possiamo stimare l’intelligenza di un’opera, notandone però la tendenza al gongorismo; il testo della pubblica amministrazione aderisce a un gongorismo che lo rende a stento comprensibile anche per chi l’ha scritto; le interpretazioni del racconto allusivo lo collocano ora nel gongorismo, ora nell’enigmatico.

Certo, come dicevamo è una parola essa stessa nel pieno stile del gongorismo. Ma c’è un’ironia piacevole, intelligente e tagliente nel descrivere un carattere attraverso quel carattere stesso.

Parola pubblicata il 13 Maggio 2023