Ipocoristico

i-po-co-rì-sti-co

Significato Vezzeggiativo, accorciamento di un nome di persona

Etimologia dal greco hypokoristikós, letteralmente ‘che vezzeggia, che blandisce’ derivato di hypokorízomai ‘accarezzare, vezzeggiare’; derivato di kóros, ‘fanciullo’, è letteralmente un ‘parlare come un fanciullo’.

Quando si parla di nomi accorciati (Gigi per Luigi, Cecco per Francesco, Cami per Camilla e via dicendo), le parole più comuni a indicarli tendono a portarci subito su sfumature leziose, sminuenti o generiche, che non sono propriamente quelle a cui vorremmo sempre ricorrere.

Il nomignolo può anche essere slegato dal vero nome, e crea una caricatura più tornita aggrappandosi a particolari della persona e della sua storia, da come appare a che lavoro fa, fino a qualcosa che abbia combinato — come fa anche, in modo più staccato, il soprannome, e in maniera paludata fanno appellativi ed epiteti. Vezzeggiativo ha il pregio di parlarci di un’alterazione compiuta sul nome con un certo spirito di complicità, ma ha una dolcezza che non necessariamente intendiamo comunicare; diminutivo non calzerebbe, essendo che questi nomi non hanno necessariamente suffissi diminutivi. Calzerebbe abbreviativo, che però non spicca per particolare grazia, e non ha nulla che ci parli in sé di nomi di persona.

In questo panorama un po’ scomodo si fa largo un’alternativa, attestata solo negli anni ‘50. Ipocoristico, sia aggettivo sia sostantivo. Si tratta di un recupero dal greco hypokoristikós, letteralmente ‘che vezzeggia, che blandisce’ derivato di hypokorízomai ‘accarezzare, vezzeggiare’. Vi spicca kóros, ‘fanciullo’, e sarebbe quindi ‘parlare come un fanciullo’, letteralmente sottofanciullare. Resta un termine che ha un cardine di affetto, ma a differenza del vezzeggiativo questo affetto resta come mera spiegazione dell’abbreviazione, con una dolcezza smorzata dalla marmoreità greca. Infatti è un termine di matrice scientifica, che aveva già da decenni omologhi in francese e inglese.

Il termine ‘ipocoristico’ ci permette di indicare il nome abbreviato in maniera asciutta, rendendo ragione lucida e presente del suo corrispondere a un fenomeno tanto preciso quanto universale — che scaturisce dalla vicinanza che vuol rendere più pronti i nomi prossimi. Un’urgenza che non conosce limiti di azione per quanto riguarda i modi di abbreviazione dei nomi: cadute e troncamenti di sillabe iniziali, finali, interne, raddoppi di sillabe, perni sugli accenti tonici escludendo tutto ciò che li precede o segue — che ricavano da Simo per Simonetta a Dante per Durante, da Corso e Accursio per Bonaccorso a Lello per Raffaele, Totò per Salvatore ma anche per Antonio, che ha come ipocoristici anche Antò e Tonio e avanti quasi all’infinito di ciò che presso ogni campanile d’Italia può essere stato pensato in questi non pochi ultimi secoli.

Parola pubblicata il 22 Agosto 2020