Ipseità

i-psei-tà

Significato Identità dell’essere individuale con sé stesso, in persona

Etimologia voce dotta recuperata dal latino medievale ipseitas, da ipsum ‘sé stesso, in persona’.

  • «in questo modo non verifichiamo la tua identità, ma la tua ipseità.»

Che parola! Sembra di una difficoltà verticale. Non lo è. Anzi, fornisce al nostro pensiero una sfumatura piuttosto semplice da cogliere e al contempo importante, distintiva. L’impressione di difficoltà può essere corretta se consideriamo che è un concetto che si presta bene alla filosofia: però qui non vogliamo indagare tanto usi specifici fatti in questa o quella dottrina — da Duns Scoto Doctor Subtilis a oggi — quanto vedere che strumento possa essere per noi questa ‘ipseità’, che cosa fa.

Per capire la portata del termine, come spesso accade, si deve partire da un altro termine, che ci è molto più familiare e che ci dà l’illusione di essere più semplice: ‘identità’. Ebbene, il concetto di ‘identità’ (che diremmo uguaglianza, corrispondenza assoluta, isnieme di caratteristiche distintive) è un ginepraio.
Possiamo tentare di dire che ha una consistenza d’informazione. L’identità genetica di un animale, l’identità culturale di un popolo, l’identità anagrafica di una persona sono individuate da una serie di informazioni che, per quanto possano sembrare (specie in certi casi) volatili e inafferrabili, con l’analisi giusta possono essere discrete, compilate in un novero, perfino replicate. Quando abbiamo parlato di autopoiesi abbiamo osservato la realtà della ridefinizione e della replicazione biologica e culturale come conservazione d’identità, ma pensiamo anche a come certe rappresentazioni fantasy possano ricalcare alcune identità particolari del mondo reale (ad esempio i Fremen di Dune echeggiano un messianismo islamico, la Contea di Tolkien rende profili e valori di una campagna inglese).

Ci è toccato fare questo discorso in salita per trovare dopo una bella discesa: l’ipseità non ha questo complesso contenuto d’informazione, anzi può bellamente essere impenetrabile e indecifrabile. Non riguarda uno ‘stesso’ contemplato nella esatta corripspondenza dei suoi caratteri, ma uno ‘stesso’ nel senso di ‘proprio questo qui in carne e ossa’. Idem, padre dell’identità, è pronome e aggettivo determinativo che precisa il medesimo, lo stesso; ipse, padre dell’ipseità, è lo stesso in persona, proprio lui.

Due pesi, due cucchiai, due orologi identici sono prodotti con identica foggia e massa: hanno la medesima identità, ma diversa ipseità — concretamente, uno è questo, uno è quello. Possiamo notare l’identità fra due immagini o due fraseggi musicali, ma la loro ipseità sarà sempre distinta. E spingendo un po’ di più il concetto, posso chiedere alle persone vicine a me non di abbracciare una mia identità, ma la mia ipseità, o sostenere e difendere non l’identità di una manifestazione culturale, ma la sua ipseità.

L’ipseità non lancia la palla nel campo di considerazioni sociologiche e psicologiche articolate su caratteri che definiscono e distinguono: senza minor profondità si ferma alla constatazione dell’unicità di un corpo o di un fenomeno che è proprio questo — esiste un solo ‘proprio lui, proprio lei, in persona, in carne e ossa’. Insomma, esiste il furto d’identità, ma il furto d’ipseità è semplicemente impensabile.

Parola pubblicata il 21 Ottobre 2023