Istanza

i-stàn-za

Significato Richiesta rivolta a un’autorità pubblica perché compia un atto che le compete; domanda, richiesta, persistenza

Etimologia dal latino instantia ‘imminenza, assiduità, insistenza’, da instare ‘stare addosso, incalzare’, derivato di stare con prefisso in-.

  • «Possiamo procedere o ci sono altre istanze?»

Quando pensiamo a parole comuni, magari ci vengono in mente ‘cane’, ‘macchina’, ‘sole’. Ma la capillarità con cui l’istanza penetra la nostra lingua è impressionante — ed è un fatto non scontato: dopotutto si tratta di una parola relativamente alta.

Il fatto è che appartiene a una porzione del gergo del diritto e dell’amministrazione non solo accessibile, ma frequentatissima, addirittura affollata. Si può passare una vita senza esporsi a una lingua letteraria, ma non si può evitare l’esposizione alla lingua burocratica. Parimenti, non si può praticamente evitare di dover produrre istanze (o in qualche caso valutarle).

L’istanza è una richiesta. In particolare una richiesta rivolta a un’autorità pubblica, affinché compia un atto che le compete, in cui si manifesta la sua funzione. Ha un bel profilo ingessato, fa subito annusare formalità rigide, intestazioni, numeri di protocollo, ruoli. Ma c’è tanta vita, dietro alle formule — e questo ce lo racconta anche l’etimologia.

Il verbo latino instare — come si vede bene — è un derivato di stare (verbone antichissimo appartenente a un ceppo indoeuropeo prolifico come pochi altri). È uno stare dentro, star sopra, addosso, e questo significato si estende a quello che qui ci interessa, un ‘incalzare’. L’instantia è un’imminenza, un’assiduità, un’insistenza, prima di essere una richiesta formale.

In effetti, guardando bene l’istanza, si vede addirittura che c’è famigliarità con la costanza (oltre che con la persistenza e l’insistenza), e in questo antico senso d’insistenza ostinata ancora non stona: posso chiedere giustizia con istanza, possiamo scocciarci dell’istanza con cui certa gente cerca di farsi i fatti nostri, e ci stupiamo del raro permesso ottenuto senza istanza.
Quello che fa dell’istanza un’insistenza ostinata è un uso vetusto, o almeno letterario, e però ci racconta con precisione ed evidenza che la nostra istanza, con le sue firme e i suoi bolli, è la sostanziazione di un atteggiamento. E questa realizzazione fa un po’ cambiare la luce sull’uso corrente.

Se dico che la difesa produce un’istanza di scarcerazione, se facciamo istanza al comune per il contributo, se in ultima istanza diamo ragione a chi ci ha criticato, nella normalità di queste espressioni riusciamo a leggere come una pressione brada, veemente e che sollecita, si imbrigli e domi in uno scambio formulare.
Ma ci rende anche la freschezza di un’istanza più generale e vivace, come quando appena aperti gli occhi dobbiamo gestire le istanze di cani e gatti, e prima di metterci a cucinare raccogliamo le istanze.

Insistenza ostinata, veemente. Non tanto lusinghiera, come espressione che indichi in modo neutro la domanda all’autorità. Ma dopotutto anche la querela è per etimologia la lagnanza: il potere è sempre scocciato di dover ascoltare.

Parola pubblicata il 06 Agosto 2022