Istrione

L'italiano sul palcoscenico

i-stri-ó-ne

Significato Attore della Roma antica; attore scarso ed enfatico; attore con doti sceniche eccezionali; chi si comporta in modo teatrale, incline all’esibizionismo

Etimologia voce dotta recuperata dal latino histrio, probabile derivato dell’etrusco hister ‘mimo, ballerino’.

Questa parola corre sul filo del rasoio: le caratteristiche che propone non riescono a sostare nella neutralità, ma pendono ora verso tagli negativi, ora verso qualità eccezionali.

Dell’istrione è essenziale la fisicità, da sempre. Già l’hister etrusco, da cui prende il nome, era un mimo e ballerino che faceva i suoi spettacoli accompagnato dalla musica di flauti, e proprio il suo prescindere dalle parole gli permise una penetrazione tanto profonda nel mondo romano da diventare, come histrio, l’attore di teatro in genere. Ed è indicando l’attore dell’antico teatro romano che la parola ‘istrione’ compare in italiano, nel Trecento.

Ma fra Seicento e Settecento questo nome passa a indicare gli attori della commedia dell’arte, che improvvisavano su un canovaccio facendo pagare un biglietto; e l’enfasi esagerata e fisica con cui spesso cercavano di smuovere le emozioni del pubblico (un pubblico essenzialmente popolare) è stata percepita come segno di un’arte mediocre: dopotutto, a dispetto della loro fortuna, il loro teatro non pareva sorretto da una drammaturgia dotta.

Così l’istrione diventa, a teatro, l’attore di scarso valore, e fuori dal teatro la persona che, come lui, è incline all’esibizionismo e a una teatralità esagerata. Diventa un istrione l’amico che a cena parla cercando di attirare tutte le attenzioni su di sé, un istrione il venditore porta a porta che fa sceneggiate compiaciute e artificiose, e durante gli esami il collega istrione cerca sempre di incantare la commissione.

Ma con l’avanzamento dell’arte teatrale, e con la riscoperta del teatro del passato, l’istrione recupera i caratteri positivi di un attore dalla grande presenza scenica, dalla recitazione ricca, variegata e magnetica, capace di esaltare fisicamente il testo. E l’essere un istrione inizia ad essere visto come carattere proprio del grande attore, che sa marcare la propria recitazione in una maniera particolare ed eccezionale, impersonando i personaggi più differenti – spesso, contestualmente.

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Quando Dario Fo ricevette il Nobel per la Letteratura nel 1997, la cosa destò scalpore. Si argomentò, anche giustamente, che altri letterati italiani lo meritavano più di lui. Ma la decisione era fondata, anche se presupponeva un concetto non convenzionale di letteratura.

Dario Fo, per esempio, non si limitava a scrivere testi: lui era il testo. Trasmetteva il suo messaggio con tutta la persona: suoni, gesti, mimica. Era un vero istrione, capace di costruire un mondo sul nulla, tanto che le parole a volte non gli servivano neppure. È famoso infatti per la reintroduzione del @grammelot, una cascata di suoni arbitrari che incredibilmente riesce a trasmettere un messaggio compiuto. La sua abilità era tale che, nelle applauditissime tournée all’estero, non sempre necessitava di traduzione; come gli attori della Commedia dell’Arte, riusciva a farsi intendere ovunque.

Non solo. Mentre il monologo tradizionale era recitato da un solo personaggio, Fo creò monologhi – come il famoso Mistero buffo – in cui riusciva a interpretare da solo un’intera folla. Bastava un gesto, uno sguardo, per far capire al pubblico quale personaggio stava parlando. Come se non bastasse, Fo interpretava anche se stesso; ogni tanto infatti sospendeva la recitazione per rivolgersi direttamente al pubblico.

In questo modo strappava lo spettatore dalla sua passività, spingendolo a prendere posizione (come nel “teatro epico” del tedesco Bertolt Brecht). La tecnica di Fo infatti non era fine a se stessa; come i giullari medievali, dava voce alle classi più povere e scartavetrava i potenti con la satira. Il suo scopo era rivoluzionario: prendere la rabbia del popolo per ritrasmettergliela, affinché si mutasse in azione.

Per questo motivo riplasmava continuamente i suoi spettacoli, mischiando storia e attualità. Per esempio cominciava con un anti-prologo sempre diverso: mentre il pubblico entrava Fo attaccava discorso, punzecchiando qualche spettatore e commentando i fatti del giorno. Anche in seguito poi dava grande spazio all’interpretazione. Il suo exploit migliore avvenne quando un rumoroso temporale scoppiò durante la rappresentazione: Fo si mise a dialogare con il tuono, come se fosse una voce.

In sintesi abbiamo visto lo sviluppo del personaggio, dalla maschera al carattere; abbiamo visto la sua crisi, con il personaggio vuoto di Pirandello. Ora con Dario Fo arriviamo al suo superamento: il personaggio è parte di un tutto, e tutto – perfino un temporale – può diventare personaggio.

Parola pubblicata il 17 Novembre 2019

L'italiano sul palcoscenico - la Settimana della lingua italiana nel mondo 2019 (in India)

Su incarico dell'Istituto Italiano di Cultura di Mumbai, oltre che del Consolato Generale d'Italia a Mumbai e con l'associazione dell'Istituto Italiano di Cultura di Nuova Delhi, la settimana dall'11 al 17 novembre vi proponiamo un ciclo di sette parole con cui ripercorrere la storia del teatro in Italia, da quello antico al contemporaneo: festeggeremo così la XIX Settimana della lingua italiana nel Mondo (in India è differita a questa settimana). Questa edizione gravita sul teatro e l'opera: le parole sono di Giorgio Moretti, gli approfondimenti sul teatro di Lucia Masetti.