Merismo
me-rì-smo
Significato Figura retorica che indica una totalità attraverso due elementi contrapposti
Etimologia voce dotta recuperata dal greco merismós ‘divisione’, da merís ‘parte’.
- «Lei è il mio nord e il mio sud.»
Parola pubblicata il 19 Giugno 2023
Le figure retoriche hanno il potere di metterci di fronte a pensieri che non facciamo spesso e che però ci guidano. Ad esempio, forse non ci ha mai sfiorato la mente il fatto che un tutto completo possa risultare poco interessante, e poco efficace in una frase. Un uno integro e totale com’è, che forma ha? Come è fatto il sempre, l’ogni occasione, il dappertutto? Sono espressioni con poco mordente perché destinate all’indefinito — carattere che ha i suoi pregi (ricordiamo che estimatore ne fosse Leopardi), e però anche con difetti lampanti. Non riescono a proiettarci con immediatezza situazioni concrete. Il merismo è una figura retorica che interviene specificamente su questo punto, dandoci un’alternativa splendida.
Si tratta di una figura retorica da bosco e da riviera, presente nei discorsi di registro popolare quanto nelle rivelazioni bibliche. Consiste nell’indicare una totalità contrapponendo due estremi che (almeno in parte) la compongono. Detta così sembra una roba astrusa, e invece.
Ho un dolorino ma mi hanno frugato di sopra e di sotto e non hanno trovato niente che non vada; nocciola, fragola, sono gusti di gelato che piacciono a grandi e piccini; e là dentro è lei a fare il bello e il cattivo tempo. Se dicessimo che mi hanno controllato tutto, che sono gusti che piacciono a tutti, che là decide tutto lei, intenderemmo lo stesso; però la nostra espressione avrebbe un impatto espressivo terribilmente inferiore. Trasformare l’intero in una situazione di due estremi opposti dà un addentellato all’immaginazione, orienta, circostanzia. Non pretende di esaurire, ma adombra ogni sfumatura possibile mentre ci investe in maniera icastica.
È una figura che si presta anche a grandi altezze di concetto, quelle in cui la statura spirituale richiede un certo appoggio terragno per garantire il passaggio del messaggio — ed è curiosamente tipica della Bibbia. Non ci dobbiamo inoltrare molto per trovare che «In principio Dio creò il cielo e la terra», opposti che decisamente non la raccontano tutta ma che hanno un’efficacia più che proverbiale; anche quando nel Salmo 139 il salmista afferma che Dio lo conosce «quando mi siedo e quando mi alzo», la contrapposizione di un quadretto di azioni quotidiane diventa ogni singola azione. Perfino l’albero «della conoscenza del bene e del male» rende la profondità sfaccettata ed enigmatica del sapere che schiude attraverso una dicotomia recisa.
Non vi sarà sfuggito (o sì?): il merismo è una specie della figura della sineddoche — la parte per il tutto, il tutto per la parte. Qui, parti a contrasto squadernano il tutto, in tutta la sua estensione, in tutte le sue sfumature, e con una caratterizzazione tornita, ora magari solenne, ora magari ironica, che per la generica totalità — ogni, qualunque, tutto, tutti, sempre, ovunque — è impensabile. Da notare che non si tratta di un termine dalla storia antica: è nell’ultima cinquantina d’anni che ha costruito la sua rilevanza, ancora non accolta o accolta con incertezze in tanti dizionari.
Ad ogni modo, un’altra figura retorica fine, radicata e corrente di cui non conoscevamo il nome e che non sapevamo di usare con disinvoltura magistrale.