Mirabilia

mi-ra-bì-lia

Significato Cose meravigliose, straordinarie

Etimologia voce latina, propriamente neutro plurale di mirabilis ‘mirabile’.

  • «Ah, ha fatto mirabilia fin dal primo giorno!»

Cose meravigliose. Significato semplice di una parola molto raffinata — e che sia raffinata lo capiamo già dal fatto che è un latinismo crudo, propriamente un neutro plurale di mirabilis, ‘meraviglioso’, ‘straordinario’, ma diciamo pure ‘mirabile’. Qualunque cosa, detta in latino, si pone su un livello più ricercato.

Ora, in italiano per lunghissimo tempo ‘mirabilia’ ha avuto una connotazione seria. Mirabilia i prodigi, le grandi e valorose imprese, gli oggetti di collezioni eccezionali. Ma l’idea di ‘cose meravigliose’ è già un pendio scivoloso: lo straordinario può essere davvero straordinario, eppure è radicalmente inclinato all’esagerazione, è già marezzato dal sospetto che non sia genuino, o che sia riportato in modo un po’... enfatico.

Se sentiamo dire mirabilia del nuovo film del celebre regista, ci possiamo aspettare l’ennesimo capolavoro — oppure annusare un’altra celebrazione automatica e infondata. La pubblicità del farmaco promette mirabilia, e certo sarà anche efficace, ma il racconto si spertica in maniera poco sobria — non so se dopo sarò davvero così tanto felice. Il salotto degli amici facoltosi è pieno di mirabilia raccolte durante i loro viaggi, pezzi di gran pregio e prezzo, ma abbiamo l’impressione che sia punteggiato di infinocchiature.

Questa commistione ha una tradizione remota: basti pensare che l’antichità, specie ellenistica e imperiale, ha conosciuto un intero genere letterario dedicato all’insolito, all’esotico e allo straordinario, la paradossografia, che narrava di paràdoxa in greco e mirabilia in latino. Forse l’autore più famoso del genere è stato Flegonte di Tralle, che nelle sue Historiae mirabiles (libro di gran successo del II secolo) racconta come vero di tutto e di più — bestie improbabili, persone centenarie, apparizioni di fantasmi da lui testimoniate, e c’è anche chi gli attribuisce dei riferimenti a un tal Gesù che prevedeva il futuro in Galilea.
Peraltro dal medioevo è noto come Mirabilia un genere letterario che non consiste tanto in bestiari e cronache paradossali, quanto in guide turistiche ante litteram. Ad esempio furono celebri i Mirabilia Urbis Romae, incunaboli che raccontavano (soprattutto a un pubblico di pellegrini) le straordinarie meraviglie della città — largamente reimmaginate.

Oggi dobbiamo impostare un discorso proprio sull’encomio e sulla celebrazione, per poter parlare di come l’atleta abbia infilato una sfilza di mirabilia temerarie e difficilmente eguagliabili, di come in un museo siano conservate mirabilia neglette dal grande pubblico, del menu del ristorante denso di mirabilia. Difatti, la parola ‘mirabilia’, sui dizionari dell’uso, è sempre indicata come soprattutto ironica e scherzosa.
Più facilmente parlerò di come l’amico tornato dalla vacanza non smetta di raccontare mirabilia fantasmagoriche, mentre il rapporto tratteggia mirabilia sull’andamento degli affari nell’ultimo trimestre, e l’amica riporta mirabilia circa le sue nuove coinquiline.

Questa parola non è ricercata solo perché è latina: è raffinata in virtù del suo disincanto dentro lo stupore, della scioltezza con cui sa sostare nel paradosso del vero e dello sproposito, senza l’ingenuità delle meraviglie, senza lo sbilanciamento del portento, in un quadro che riserva all’entusiasmo un’ambiguità saggia e aperta.

Parola pubblicata il 23 Settembre 2024