Orco
òr-co (oppure ór-co)
Significato Nel mito, inferno, oltretomba; nel folklore europeo, mostro malvagio e antropofago (specie ghiotto di bambini); persona brutta; pedofilo
Etimologia dal latino Orcus ‘oltretomba’, di origine incerta.
- «Sarò brutto come l'orco ma mi so vestire.»
Parola pubblicata il 19 Gennaio 2023
Quella dell’orco è una figura straordinaria: ci fa compagnia da tempo immemorabile, e ha avuto un’adattabilità straordinaria alle nostre storie. Il primo avviso da dare è che non dobbiamo pretendere una messa a fuoco perfetta su chi siano, in genere, gli orchi: l’indeterminatezza della loro figura è la loro forza, che si sposa meravigliosamente con la necessità che molte storie hanno di non dire. È un’indeterminatezza da presidiare, e che ha delle ragioni storiche precise.
In realtà noi abbiamo in mente dei profili piuttosto chiari degli orchi — di forma quasi umana, verdastri, nerboruti, violenti e bruti — e questo soprattutto grazie a J. R. R. Tolkien, autore fra l’altro de Il Signore degli anelli, che con la sua idea di orchi ha gettato le basi di un vero e proprio canone fantasy, rimasto fissato con poca variabilità in tutto l’universo di giochi di ruolo, videogiochi, film e opere letterarie epigone.
Quella di Tolkien è effettivamente un’invenzione, ma pare che abbia colto questo nome (orc in inglese) perché in una sua variante si trova usato in un poema dell’VIII secolo scritto in inglese antico, Beowulf (da cui Tolkien prese idee a piene mani), in particolare per indicare il mostro Grendel.
Quindi l’ultimo esito iconico del termine ‘orco’ ci testimonia la presenza di un termine fratello del nostro ‘orco’ nell’Europa settentrionale già nel periodo in cui gli Arabi stavano conquistando la Spagna, e i Franchi stavano vincendo i Longobardi in Italia. Di solito una diffusione europea così ampia e radicata vuol dire una cosa sola: che c’è sotto un termine latino con questo significato.
E però il termine Orcus non vuol dire questo. Si scrive con la maiuscola, ed è nientemeno che l’Averno, il regno dei morti — non un mostro. Al massimo è un altro nome per il dio degli inferi italico, Dite, o per la morte stessa. L’origine di questo nome Orcus peraltro è ignota, ma è plausibile sia etrusca. Com’è che questo Orco-oltretomba-divinità-morte diventa l’orco delle storie? Anche se c’è una prossimità intuitiva, è il risultato di un’azione specifica.
C’entra il cristianesimo, e la strategia di eradicazione del paganesimo. Molti elementi pagani dell’antichità sono stati nei secoli trasfigurati: una domenica alla volta l’Orco, da inferno e dio infero che era, ha visto il suo tratto di divoratore di vite demonizzarsi (in tanta perte dell’Europa occidentale!) in un genere di mostro non troppo distante dal babau, dall’uomo nero — mostro che trova proprio nel suo essere antropofago (e in specie mangiatore di pargoletti) uno dei tratti più ricorrenti, anzi tipici. Forse l’unico.
È così che l’orco diventa l’orco delle fiabe — solitario o ammogliato, ciclopico o di stazza più regolare, rude o mago, scemo o chiaroveggente, abitatore di luoghi alpestri o di fine incanto, e via dicendo. Non è nemmeno detto che sia maligno in maniera troppo animosa — può anzi essere un antropofago relativamente mite. Questa necessaria variabilità la vediamo testimoniata e squadernata in uno degli incipit più famosi delle fiabe italiane raccontate da Italo Calvino:
Il modo in cui questo inizio di storia non ha contorni né ragioni è una delle essenze più struggenti della fiaba (Quale re? Di che si ammalò? Com’è che questi medici giunsero a tale conclusione? Come è che una penna d’orco è medicamentosa? Gli orchi hanno le penne?). Il profilo dell’orco è inafferrabile, nella sua completezza. Però è malvagio, uccide e mangia le persone, i bambini: così per estensione diventa anche la persona brutta da far paura (come s’intende l’orco sia) e specie nel linguaggio giornalistico, chi si macchia di reati particolarmente odiosi verso i bambini.
Diramazioni estremamente vaste e complesse, come quelle di un apparato radicale. Mentre in ambito dotto l’Orco resta l’oltretomba, peraltro con qualche uso davvero celebre...