Patema

pa-tè-ma

Significato Sofferenza morale angosciosa, forte preoccupazione, turbamento

Etimologia voce dotta recuperata dal greco páthema ‘sofferenza’, da páthos ‘patimento, affetto’.

  • «Questa situazione mi fa venire un patema d'animo...!»

Alcune parole sono proprio tanto. Hanno un’intensità e una gravità di significato che si distingue, e appartengono in modo manifesto a un registro aulico. Sono parole che proprio per questo si prestano meravigliosamente ad essere stemperate in usi più andanti.

Il patema è proprio di questo genere. Da un lato deriva dal pathos, e quindi è con tutta evidenza parente del patire — una sofferenza schietta, prostrata, quasi ultima. Dall’altro ha quella terminazione nominale -ema che grida greco — tant’è che anche in tempi recenti è piaciuta, e ce la siamo rigiocata in vari contesti a mo’ di suffisso (in linguistica pensiamo al fonema, al morfema, rispettivamente unità elementari di grammatica e suono, ma pensiamo anche allo stilema, che è degli anni ‘50). Il risultato è una sofferenza profonda, un cruccio che si avvicina al crepacuore.

Che questa parola sia tanto, e che richieda quindi una certa distanza, una certa astrazione per poter essere maneggiata serenamente, ce lo testimonia il modo in cui si è incastonata quasi invariabilmente nel patema d’animo.
Ora, il patema d’animo non ci offre una figura dai contorni netti, in un contegno definito — non ne vediamo le dolenti contorsioni. È enormemente sfocato. Ci racconta di una sofferenza che non si riferisce a una bua di carne e ossa, e questo è tutto quello che sappiamo. Ci possiamo indovinare dentro una certa oppressione, un certo logoramento, ma non sono caratteri particolarmente esotici, per l’afflizione interiore — e appunto li indoviniamo, non sono squadernati in modo esplicito.

Posso parlare del patema d’animo che mi suscita la notizia incerta, del patema d’animo costante della vicina di casa non proprio solare, ma anche del patema di una compagnia sgradevole e inevitabile, del patema di una convalescenza particolarmente difficoltosa.

Finisce per essere più attenuato di quel che si direbbe, il patema — si fa quasi percepire come iperbole, esagerazione. Nella sua altezza e nel suo dolore ha finito per virare verso lidi più scontornati, generici e forse più coperti, meno schietti. La sua forte pena, peso, preoccupazione, la sua sofferenza morale non viene espressa in un modo crudo, anche se è chiara: ad esempio, il suo cugino patimento risulta più diretto, per non parlare del dolore, dell’afflizione, o del male stesso. È forse la sorte dei grecismi più palesi: essere fiamme brillanti, ma lontane.

Parola pubblicata il 08 Febbraio 2024