Senescenza
se-ne-scèn-za
Significato Invecchiamento; decadenza
Etimologia da senescente, voce dotta recuperata dal latino senescens, participio presente di senèscere ‘invecchiare’, da senex ‘vecchio’.
- «È uno stile che ha fatto sensazione, ma mostra segni di senescenza.»
Parola pubblicata il 11 Febbraio 2023
Ci sono diverse parole per chiamare un processo di invecchiamento. Difficile che siano parole astruse, visto che si tratta di un processo attraverso cui passano praticamente tutte le forme di vita complesse, e anzi ogni forma di vita organizzata — non è proprio quel tratto segreto del mondo, di comprensione ostica. Però i vari modi di indicarlo offrono sfumature diverse, e la parola di oggi ci dà delle risorse delicate e ricche. Vediamo come si costruisce.
Nel XXXI canto del Paradiso, Dante è arrivato. Davanti a lui la rosa della gente beata, e si perde tutto nell’ammirazione di ciò che ha intorno, come un barbaro che arriva a Roma. Beatrice lo lascia, e torna al suo altissimo seggio — a poca distanza dalla Madonna. Al posto di lei, alle domande del pellegrino, risponde un sene, cioè un vecchio. È San Bernardo, che lo assisterà in quell’ultima rivelazione. E però è un vecchio magnifico, glorioso, e tanta è la reverenza che ispira che Dante adotta questo visibile latinismo — da senex, ‘vecchio’.
Anche se ‘sene’ è una parola che non è entrata nell’uso corrente della lingua, che abbia una base ricca di considerazione lo leggiamo anche nel senato, in origine (e in un certo senso tuttora) alta assemblea di anziani. Il senescente si pone in questa traccia.
Forse c’è chi riconoscerà nel senescere latino una forma incoativa, un verbo che indica il principio di un’azione. Così il nostro senescente (che viene dal participio presente di quel verbo), è letteralmente un ‘che comincia a invecchiare’, e la senescenza un ‘inizio di invecchiamento’. Il tratto di cominciamento non resta marcatissimo, quindi la senescenza rimane un processo di invecchiamento più scontornato, ma ciò che conserva, per la concorrenza di sene- e incoazione, è una grande grazia.
Possiamo parlare della senescenza di un’istituzione, che ha perso lo smalto che aveva un tempo, della senescenza di uno stile, che inizia ad essere passato senza nuove grandi spinte; possiamo parlare della senescenza serena di un genitore, o di come incontrando un amico dopo tanto tempo troviamo nei suoi gesti e nelle sue parole un’ombra di senescenza.
Dall’altra parte abbiamo un florilegio di termini decisamente più netti, aspri e categorici: la decadenza di un’istituzione ci proietta verso un crollo anche morale, il declino di uno stile ci impone alla mente un’inappellabile rappresentazione grafica di saliri e scenderi, l’invecchiamento di una persona è didascalico e gravido di implicazioni piane, nel logoramento trovato in gesti e parole emerge insofferenza.
La senescenza ha un’intuizione di tramonto, di cambiamento. Il suo oggetto non cambia: mundus senescit, si diceva in latino, per indicare un’inesorabile decadenza del mondo. Ma nella particolare nicchia che si è ricavata in italiano, una nicchia in cui lo squisito latinismo della senescenza senesce, mostra un tratto delicato, senza profili netti, crepuscolare e sobria — tanto da essere adatta anche a lessici scientifici. E anzi, in effetti il primo significato del termine che s’incontra sui dizionari è proprio riferito al processo biologico.