Sospettare

so-spet-tà-re (io so-spèt-to)

Significato Ritenere qualcuno colpevole di un atto deprecabile, sulla base di indizi, congetture e supposizioni; ritenere in base a indizi che qualcosa o qualcuno non sia come sembra; credere, immaginare; considerare plausibile la colpevolezza di qualcuno; diffidare

Etimologia dal latino suspectare, intensivo di suspìcere ‘guardare con diffidenza’, derivato di spècere ‘guardare’ con prefisso sub- ‘sotto, da sotto in su’.

  • «Sospetto che sospetti qualcosa, il che è molto sospetto.»

Che sia una parola cardinale si nota, con affetto, quando i dizionari spiegano che ‘sospettare’ significa ‘nutrire sospetti’: è difficile spiegarla standone fuori, senza usarla. Ma il modo in cui sia diventata una pietra angolare del pensiero è abbastanza chiaro.

È una di quelle parole formidabili che partono dal corpo.
L’azione del sospettare — in tutte le sue tentacolari declinazioni dell’annusare una colpa, una falsità, una novità — si estrinseca in un certo tipo di sguardo. Di solito liquidiamo il prefisso latino sub- come un ‘sotto’, ma in molti casi sarebbe più appropriato leggerlo come un ‘da sotto in su’. Applicando questo vettore allo sguardo, possiamo ottenere diversi risultati.
Infatti il subspicere latino era anche un ‘guardare in maniera rispettosa, contemplare’, che in effetti sono le implicazioni che ci vengono in mente quando consideriamo un ‘guardare all’insù’. Ma andiamo per il sottile.

Il guardare da sotto è anche un guardare coperto, diciamo pure di sottecchi (correndo il rischio di morderci la coda). La testa cela, la palpebra vela il dardeggiare di uno sguardo dissimulato che così, da sotto in su, osserva, tiene d’occhio qualcuno che potrebbe aver fatto qualcosa di criminale, di vergognoso, o potrebbe non essere quel che vuol sembrare.
Questa è l’immagine fondamentale del sospettare, da cui non si può uscire; è imprescindibile perché riesce a cogliere e a descrivere l’atto intellettuale attraverso il gesto corrispondente, che ha una sua eternità — squadernandoci il modo in cui il suo essere anche frutto di ragionamenti e rilievi sofisticati resti agganciato a un’intuizione primitiva. Anche gli animali sono sospettosi.

Così possiamo leggere di come la celebrità sia sospettata di un classico reato fiscale o di macchinazioni più fantasiose; possiamo sospettare fin quasi dal principio che il protagonista sia un robot, e che fra due amici ci sia qualcosa di più, o che la cortesia sia interessata; posso lasciar scivolare in una frase che non sospettavo quanto tu fossi iraconda; nella paranoia posso sospettare di tutti.

Il sospettare non si fonda su un sapere, non muove passi di certezza, e non si spinge ad atti di accusa. Nota in tralice indizi, li pianta su supposizioni, vi architetta congetture in un regno di plausibilità, talvolta con l’urgenza del rischio, usando le ipotesi dell’immaginazione come strumento di conoscenza del mondo. Mica poco, per uno sguarduccio.

Parola pubblicata il 09 Agosto 2025