Stoccata

stoc-cà-ta

Significato Colpo di stocco, di punta; battuta, allusione pungente; dolore, dispiacere improvviso

Etimologia da stocco, derivato dal provenzale estoc, che è dal francone stok ‘bastone’.

Una parola amatissima, sempre sulla cresta dell’onda, con un riferimento di squisita eleganza marziale. E per ‘squisita eleganza marziale’ intendo dire frutto di un tempo, sorto nell’immemore e mai tramontato, in cui il fastigio dell’impegno sta nel rendersi più letali.

La stoccata è propriamente il colpo di stocco, e fin qui tutto è tranquillo. Ma che diavolo è uno stocco? Grossomodo ce lo figuriamo come una spada, ma è interessante collocarlo nell’eterno dialogo fra difesa e offesa: l’arma nuova è resa innocua dalla nuova difesa, ma l’arma viene mutata in modo da superarla, al che la difesa cambia ancora per renderla inutile e via dicendo.

Siamo nel Trecento. Le possenti armature in cui gli uomini d’arme sono catafratti li rendono praticamente immuni alle offese dei tagli. Lo stocco si afferma come spada di circa un metro di lunghezza, relativamente sottile e maneggevole, con una sezione triangolare o quadrata: un’arma da punta. Perché certo, si può cercare di accartocciare i gentiluomini dentro le loro corazze con mazze e martelli, ma anche portare un colpo preciso a sfondare e penetrare un punto debole ha la sua efficacia.

Lo stocco, come ogni fatto umano, passa. Nel suo specifico caso è reso obsoleto dalla stessa obsolescenza delle armature pesanti, ed è sostituito da armi raffinate come la striscia, spada leggera e versatile. Però lo stocco resta nel nome, e in particolare nel suo gesto, la stoccata.

Le parole appartenenti all’arcipelago dei colpi di diverse armi bianche hanno sviluppato significati sostanzialmente differenti a seconda dell’atteggiamento dell’arma. Pensiamo a quanto sia violenta una sciabolata, alla carica polemica e tagliente che ha nella sua aspra veste figurata di critica (quell’articolo è stato una sciabolata contro la tal figura politica, questo fallimento per me è stato una sciabolata); pensiamo alla dimensione psicologica della pugnalata, vibrata da una mano vicina, e perciò prossima al tradimento — e a come si stringa ulteriormente, in una risonanza col debole e col vile, con la stilettata.

La stoccata ha un portamento elegante. Non mena a caso a ferire: centra. Si sviluppa nelle dimensione del pungente e dell’improvviso — colpisce senza travolgere, letale tocca e penetra punti scelti.

Così per estensione la stoccata diventa la battuta sarcastica, l’allusione che colpisce senza sbavature — e si può parlare delle stoccate che durante il discorso vengono lanciate all’opposizione, delle stoccate coperte che con un discorso giocoso inferisco ad alcune persone che mi ascoltano. Ma è anche, e soprattutto, il dolore sorprendente, il dispiacere che supera le protezioni e le attese, causato dall’improvviso: posso raccontare della stoccata che mi ha dato la notizia, della stoccata di una parola orrenda a ciel sereno, della stoccata di un risultato molto più basso di quanto previsto.

Usi che conservano la sostanza di quel gesto antico e terribile, di precisione trionfante e offensiva, di dolore che si squarcia senza che sia visto arrivare.
Il nome della rosa, di Umberto Eco, si conclude con un motto latino che ha reso famoso: Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus. È un’alterazione di un verso del De contemptu mundi (‘Del disprezzo del mondo’) di Bernardo di Cluny, monaco benedettino del XII secolo: Stat Roma pristina nomine, nomina nuda tenemus. Significa grossomodo: Roma antica resta nel suo nome, conserviamo nomi nudi.

Così possiamo passare una vita senza vedere uno stocco nemmeno in una teca di museo — tantomeno una stoccata violare un corpo. Il nome nudo ci resta in una dimensione mentale, e conserva anche una formidabile capacità espressiva.

Parola pubblicata il 29 Novembre 2021