Strega
stré-ga
Significato Donna che, secondo molte credenze popolari, è in rapporto con potenze malefiche soprannaturali; donna perfida; donna vecchia e brutta
Etimologia dal latino striga, variante popolare di strix, rapace notturno più o meno leggendario.
- «Mi è venuto il colpo della strega.»
Parola pubblicata il 31 Ottobre 2023
Di streghe ce n’erano già prima che fossero chiamate con questo nome. È quasi un archetipo umano, per diffusione nel tempo e nello spazio — una donna demoniaca, declinata nei modi più diversi. La varietà dei nomi con cui lingue vicine hanno indicato queste figure è disorientante (sorcière, bruja, witch, Hexe), ci fa intuire quanto minute e capillari siano le storie che li intrecciano, e per noi in particolare la specificità del termine ‘strega’ ha molto da raccontare.
La tradizione della penisola italiana ha innestato questa figura nell’alveo di una credenza specifica che investiva i gufi — però attenzione, non accogliamo questa denominazione in modo troppo netto, sappiamo che in quanto a tassonomia biologica non c’è da prendere per oro colato i rilievi dell’antichità classica.
Anche se in futuro il suo nome sarà ripreso nel lessico scientifico, la strix era un malevolo rapace notturno dai contorni piuttosto inafferrabili, con un gran manto di funesta leggenda. Ne dà una descrizione tanto dettagliata quanto isolata Ovidio nei Fasti (Libro VI capitolo II), e qui — oltre a dirci che pasteggia con le viscere dei lattanti — ci porge un interrogativo estremamente interessante, per la nostra riflessione su ‘strega’, e cioè il dubbio se queste strigi nascano come uccelli, normali animali, o se vengano ad essere per incanto, o se siano vecchie trasfigurate. Ci suggerisce anche che il loro nome scaturisca dalle strida che lanciano (horrenda stridere nocte solent).
La figura del rapace notturno che sbrana pargoli o sgocciola loro in bocca la sanie di un latte rivoltante, e che lancia grida disumane o grottescamente umanoidi, e che forse è trasfigurazione di donne demoniache impicciate in arti magiche, è obiettivamente formidabile — formidabile in senso etimologico, spaventoso. Non c’è da stupirsi se, con il giro di tacchi fra religione classica (sia romana sia norrena) e cristianesimo, è una figura che viene conservata gelosamente, e reimpiegata con tremendo vigore e larga fantasia. Si aggiungono tutte le coloriture diaboliche di rapporto con potenze malefiche, i sabba, le notti di tregenda, i voli notturni con unguenti magici per compiere riti oscuri sotto alberi sacri a Odino (come il celebre noce di Benevento). In tempi meno medievali e più moderni, ebbero grande agghiacciante successo anche le cacce alle streghe, rimaste proverbiali.
Esiliata nell’irreale, nella lingua la strega resta figura metaforica di donna perfida, o anche semplicemente brutta e vecchia — non senza una certa compagnia, dalle megere alle arpie alle befane — secondo una fantasia che per quanto antica e radicata suona sempre più a vuoto, sempre più fuori tempo.
Anzi, la strega ha saputo ripresentarsi come forza di trasgressione e ribellione; o meglio, chi ha saputo affermare nuove trasgressioni e ribellioni, contro le oppressioni esercitate su una femminilità che terrorizzava l’ordine costituito, ha saputo ripresentare le streghe come forza positiva. E anche i boschi popolati di rapaci si sono fatti luoghi meno ominosi.