Vieppiù
viep-più
Significato Ancor più, sempre più
Etimologia composto da vie, variante dell’avverbio via, anticamente nel senso di ‘molto’, e più.
Parola pubblicata il 07 Novembre 2020
viep-più
Significato Ancor più, sempre più
Etimologia composto da vie, variante dell’avverbio via, anticamente nel senso di ‘molto’, e più.
Parola pubblicata il 07 Novembre 2020
Sgomberiamo il tappeto da una questione preliminare: sì, sui dizionari meno aggiornati viene segnalato che vieppiù è una variante ‘meno corretta’ di viepiù. Ma è un’osservazione un po’ parruccona e fragile, come vedremo.
Poche parole hanno il potere di alzare il registro di un discorso come il vieppiù — sia con serietà che lambisce il sussiego, sia con schiettezza che si modula in ironia. Il significato però è semplicissimo, banale: ancor più, sempre più.
In effetti siamo davanti all’univerbazione, all’unione in una singola parola dell’espressione vie più: nell’italiano antico vie era una parola usata per rafforzare i comparativi — che possiamo assimilare a un ‘assai’. Si tratta di un’alterazione del nostro ben noto avverbio via, che indica allontanamento o assenza (andare, essere via, via di corsa e… via dicendo). Insomma, l’allontanamento maggiora. E resta come vestigio solo nel vieppiù: di viemeglio, viepeggio, vie maggiore, vie meno ci rimangono solo fossili documentali in testi di tempi andati.
Il vieppiù ha un effetto preciso e forte: slancia in dinamismo montante il mero ‘più’, sull’onda esplosivo delle due ‘p’. Così possiamo dire che la scarsità di vino rende vieppiù urgente la spedizione compensativa alla cantina, il freddo e il buio smorzano vieppiù la voglia di andare a correre, e già pensavo tu avessi ragione, vieppiù con queste prove. La sua aura non è vetusta: è vintage.
Una grafia con una sola ‘p’ (viepiù), per quanto si conservi più vicina all’originale suggestione del ‘vie più’, ha invece un gusto letterario decisamente meno corrente: non solo è segnalata nei dizionari dell’uso proprio come termine letterario, ma semplicemente è una forma oggi molto più rara. E questa trasformazione è un segno splendido: una parola che grazie a un voluttuoso raddoppiamento fonosintattico della ‘p’ — che moscio invece il viepiù — riesce a macinare come parola comune il suo ottavo secolo di storia, è una parola per cui tifare. Specie se è una parola comune sì, ma ricercata.