Zona

zò-na

Significato Parte, fascia; superficie delimitata; fascia climatica; spazio con caratteri distintivi, o con una specifica destinazione

Etimologia voce dotta recuperata dal latino zona, prestito dal greco zóne ‘cintura’.

  • «Resta in zona.»

È una che in gioventù ha portato avanti studi dottissimi su questioni complesse di geografia astronomica — in scuole di enorme prestigio, per di più — e che poi, col tempo, ha trovato la sua quiete con un impiego nell’amministrazione, qualche impegno giornalistico e sportivo, e una vita di quartiere. Incantevole.

‘Zona’ è una di quelle parole che non desta la curiosità generale. Il fatto che il greco zóne significasse ‘cintura’, e figuratamente ‘cintura di terra o di cielo’, può essere solo vagamente interessante — se non aggiungiamo il resto, ovviamente.

Quando ci sono citazioni celeberrime, che quasi chiunque saprebbe dire anche senza sapere da dove saltino fuori di preciso, quello che nel testo viene dopo e soprattutto quello che viene prima resta negletto nell’ombra. Prima di schitarrare il «Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti, / ma per seguir virtute e canoscenza», Ulisse (vabbè, Dante), nella sua orazione con cui cerca di convincerli a lanciarsi insieme in un’ultima, strabiliante esplorazione, rivolge ai suoi vecchi compagni parole di una certa entusiasmante malinconia. Li esorta: che non vogliano negare a questa piccola veglia che resta ai loro sensi — e quindi agli ultimi anni della loro vita — l’esperienza d’inseguire il sole nel mondo disabitato. Detta forse meglio: «a questa tanto picciola vigilia / d’i nostri sensi ch’è del rimanente / non vogliate negar l’esperïenza, / di retro al sol, del mondo sanza gente.»
Tutto bello grazie Giorgio per questa minestra riscaldata che di secolo in secolo resta ottima anzi forse migliora. Ma un momento: perché ‘mondo sanza gente’? Com’è che Ulisse, cioè Dante, è convinto che lanciandosi verso gli oceani meridionali non s’incontri nessuno, se altre terre ci sono? La risposta — eccola! — sono le zone.

Il caro vecchio Aristotele (non senza qualche intuizione sfilata da sotto al braccio a Parmenide) divide il mondo in cinque fasce, cinque zone climatiche. Qui fiorisce anche il concetto di ‘clima’ — klíma in greco significa ‘inclinazione’, e già ai tempi era chiaro che l’essere torrido o gelido di un luogo del mondo dipendeva in maniera determinante dall’inclinazione maggiore o minore dei raggi del sole che lo raggiungono. Da nord a sud, le cinque zone erano polare, abitabile, torrida, abitabile, polare. Torrida voleva dire proprio torrida, torrefatta, bruciata, inabitabile. E poiché, si credeva, la prima gente fu catapultata nella zona abitabile nord di questa valle di lacrime, sarebbe stato impossibile che qualcuno fosse migrato nella zona abitabile sud. Perciò Ulisse, dei remi facendo ali al folle volo là dove nessuna nave si è spinta, è sicuro di inoltrarsi nel disabitato.

La zona resta questa cosa qui, una fascia, una cintura, e specificamente una fascia climatica geografica, per tanto tempo. È solo nella seconda metà dell’Ottocento che si estende, e diventa uno spazio delimitato, una superficie in genere, e inizia a sviluppare tutte le sue attività di parola quotidiana, affermandosi nel Noveento.
Abbiamo maturato zone verdi e zone rosse, zone d’influenza e zone calde, zone grigie e zone d’ombra, zone sismiche e zone depresse, possiamo essere in zona o fuori zona, possiamo visitare negozi e musei della zona, possiamo avventurarci ulissescamente in zone che non abbiamo visitato prima, senza contare le zone differenziate del materasso e i giochi in cui puoi marcare a zona, e via e via. Da ‘fascia’ a ‘intorno’ anche figuratissimo, la zona si mostra limitata, pratica, e piacevolmente indefinita — non mette a fuoco profili di rioni e quartieri, non atterra su territori, non si apre vuota come un’area. E nella sua discrezione, adesso sappiamo, custodisce trascorsi di grande caratura.

Parola pubblicata il 09 Novembre 2024