Carisma

ca-rì-sma

Significato Nel cristianesimo, grazia, dono dello Spirito Santo attribuito a una persona per servizio alla comunità; prestigio e fascino personale innato, declinato in comando, persuasione, influenza, attraenza

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo chàrisma, prestito dal greco chárisma ‘dono, grazia’, da cháris ‘grazia’.

  • «Tutti la cercano, tutti la ascoltano, ha un carisma straordinario.»

È difficile che le parole conservino la loro complessità, quando rappresentano concetti elevatissimi e però sono oggetto di considerazione comune. La tentazione di ridurle ai significati più immediati e pirotecnici è fortissima — e magari finisce per portarle a sfociare in altri bacini. Peraltro, sono fortune che possono girare improvvisamente, dopo millenni di tranquillità.

‘Carisma’ è una parola che deve il suo successo all’uso cristiano — neo-testamentario, e per la precisione paolino. Queste fonti, ricordiamolo, sono originariamente scritte in greco, ed è qui che troviamo impiegato in maniera evidentemente nuova e specifica il termine greco chárisma, che significa ampiamente ‘dono, grazia’.

Ora, avendo in mente ciò che nebulosamente abbiamo in mente noi quando sentiamo parlare di ‘carisma’, è facile correre a pensare che questo dono, naturalmente di origine divina, sia una sorta di super-potere concesso da Dio — fra cui spicca per celebrità la glossolalia, la capacità di parlare, tenere discorsi e farsi intendere a prescindere dalle lingue conosciute. Il chárisma originario, però (peraltro se ci garba un po’ di affettazione in questo caso possiamo anche noi dire càrisma, sdrucciolo) è in effetti un dono di servizio. Non è che ti fai intendere in tutte le lingue del mondo per compicciare affari migliori a Mumbai o a Singapore: sono doni che servono la Chiesa, la comunità. Ma in realtà, come elenca San Paolo, sono carismi anche i miracoli, la guarigione, e la profezia, l’inclinazione al buon governo, così come pure la vocazione e la fede stessa. (Anche i sacramenti poi figurano come carismi.)

Però — già nel contesto in cui San Paolo ne parla di più, nelle lettere ai Corinzi — è evidente che ci siano dei carismi percepiti dalla gente come più spettacolari e carismatici di altri (e Paolo si premura di marcare come siano invece i meno spettacolari ad essere i più grandi). Ma il popolo pensa come è più facile pensare, e nella lingua teniamo traccia di questa percezione. La fede si vede poco, il sacramento ha una dimensione soprattutto intima, invece il miracolo della predicazione che converte le masse in ogni lingua è più d’impatto. Ma come ne teniamo traccia? Il modo in cui il carisma ha preso il profilo con cui lo usiamo oggi è piuttosto particolare.

Lasciamo lì San Paolo che negli anni 50 (senza apostrofo, sono letteralmente gli anni 50) scrive ai Corinzi, e andiamo avanti veloce fino agli anni ‘30 del Novecento. Max Weber (celebre filosofo e fra i padri della sociologia) in diverse opere ha sviluppato un discorso sulle figure del potere, sui tipi di potere sociale che si esprimono nell’evoluzione della società. Fra questi quello ancestrale, di contesto famigliare e religioso, è quello carismatico. Qui Weber non si prende grandi libertà rispetto al carisma paolino: il tratto di guida, di governo, è chiaramente esplicitato nelle lettere di San Paolo. Weber raccoglie semplicemente un riferimento di grande peso teologico e lo impiega propriamente per indicare questa inclinazione naturale — eccezionale — alla guida, tutta personale.

Comando, persuasione, presa sul pubblico: è questo profilo weberiano del carisma che percola nella società. Infatti questa accezione mondana del carisma è invalsa, in italiano, fra gli anni ‘60 e gli anni ‘70 del Novecento — in effetti, la troviamo registrata per la prima volta col significato che conosciamo nel libro Le parole della politica, del giornalista Giovanni Di Capua, nel 1973.

Il carisma non è più inteso come un dono di servizio alla comunità, si è scollato ampiamente dall’addentellato neo-testamentario. Ha sempre il mistero del dono — di quando commentiamo che qualcuno, com’è come non è, ce l’ha —, ma è un potere sostanzialmente libero, addirittura assoluto. È il prestigio personale che nasce da capacità innate di comando, da un ascendente potentemente persuasivo, attraente, seducente, da una capacità ineluttabile di farsi ascoltare e di destare interesse.

Diciamo carismatiche figure di vertice che, con questo tipo di potere personale fondato solo in sé stesso — non in tradizioni, posizioni, istituzioni —, guidano rivoluzioni, stabiliscono fondazioni, muovono interi panorami sociali e culturali. Carismatico il presidente che conduce il Paese a un rinnovamento costituzionale, carismatica la cantante che attraversa e determina un intero genere e periodo musicale, carismatico il professore che con dottrina, sprezzatura e un fascino immediato acquista un’attenzione e un seguito smisurato.

È una parola dalla storia lunghissima, evidentemente, ma è diventata una parola tanto imprescindibile quanto mondana solo negli ultimi cinquant’anni. Quando si parla di parole, ogni partita è sempre aperta. Ma forse, mentre la teniamo in bocca, avere in testa la sua consistenza originaria può aiutarci a conservarne il filo acutissimo.

Parola pubblicata il 04 Ottobre 2023