Abracadabra
a-bra-ca-dà-bra
Significato Formula magica per eccellenza
Etimologia dall’espressione greca àbras kat’àbras che significa all’incirca ‘aura per aura’, ‘demone per demone’, derivata dalle formulazioni di esorcismi tipicamente orientali.
Parola pubblicata il 13 Marzo 2022
Ben lontani dai prestigiatori che tirano fuori dal cilindro poveri animali che starebbero meglio in pacifica libertà nei boschi e nelle praterie, oggi presentiamo LA parola magica, la formula più potente di tutte le formule più potenti, tanto che perfino J.K. Rowling vi ha preso ispirazione per la sua Maledizione Senza Perdono ‘Avada Kedavra’. Essa è presente, uguale a sé stessa, in tutte le lingue europee, da sempre avvolta nel mistero più fitto. Abracadabra! Che l’incanto abbia inizio!
La lista di ipotesi avanzate sull’etimologia è lunga. Alcune di esse sono molto suggestive: vi è stata vista assonanza con Abraxas, entità divina propria delle correnti gnostiche ed esoteriche; c’è chi ha percorso la via cabalistica, derivandola dall’espressione ebraica ‘ha-bĕrakāh dabĕrāh’, cioè ‘pronunciare la benedizione’, o anche ‘abreq ad hâdbra’ e cioè ‘invia il tuo fulmine fino alla morte’. Qualcuno, probabilmente stanco di cercare, ha decretato che abracadabra non fosse altro che un’invenzione bella e buona, senza radici e senza particolari significati.
No, abracadabra è una parola troppo fantastica e universalmente riconosciuta per essere un mero guscio d’uovo buono solo ad impressionare platee con esibizioni di giovani in abiti discinti tagliate in due con la sega!
La sua primissima attestazione è del II secolo d.C.: abracadabra si trova incisa su di una pietra d’ematite, di sicuro un talismano. Nel mondo latino la si trova nel Liber Medicinalis di Quinto Sammonico Sereno, in cui si afferma che la parola andrebbe inscritta in un triangolo che ad ogni rigo perde una lettera: ABRACADABRA / ABRACADABR / ABRACADAB… fino ad esaurirsi nella A. La pergamena andrebbe poi portata addosso per scacciare un malanno.
Quella di siffatti artefatti era una pratica molto corrente nel bacino del Mediterraneo, specie negli ambienti italici, in cui una certa diffidenza nei confronti dei metodi ippocratici spingeva le genti ad affidarsi ai rimedi degli stregoni. Il fatto è che, prima ancora di essere un termine da scrivere, era principalmente da pronunciare, perché il potere creativo delle parole costituiva la chiave di rituali magici importantissimi. Esempio principe è l’esorcismo che, lungi dall’essere appannaggio del cristianesimo, ha radici lontanissime e serviva a scacciare spiriti malvagi. Costoro erano identificati in venti maligni che aleggiavano intorno agli ossessi e in greco venivano definiti con la parola aùra (per differenziarli dagli spiriti ‘positivi’ pneuma) che nella lingua bizantina andava pronunciata ‘àvra’ e scritta ‘àbra’. Gli esorcismi potevano essere generici, rivolti ai demoni in modo generale, o specifici, enunciando àbras kat’àbras, spirito per spirito.
I latinofoni hanno creduto bene leggere una b al posto della v. Successivamente la sonorizzazione della t in d ha fatto il resto, generando infine ‘abracadabra’. Svuotata del suo senso primo, lessicalizzata (cioè trasformata in una parola sola), ammantata di veli magici, ottenebrata dai fumi d’incenso, unta d’olii di sesamo, scandita da voci tonanti e vergata su amuleti e talismani d’ogni foggia è arrivata fino a noi, misteriosa e ammaliante come il canto di una sirena.