Adulare

a-du-là-re (io a-dù-lo)

Significato Lodare in maniera eccessiva, per compiacenza ipocrita e interessata

Etimologia voce dotta recuperata dal latino adulari ‘adulare’.

  • «So che ha speso parole splendide, ma attento, sta solo cercando di adularti.»

L’accentazione più corretta è piana: ‘io adùlo’. Solo nel Novecento ha iniziato ad affermarsi quella sdrucciola ‘io àdulo’, per somiglianza con altre parole che hanno una terminazione analoga (dal ‘formulo’ al ‘modulo’). Non che faccia una gran differenza, si può dire ‘io àdulo’ o ‘io adùlo’ indifferentemente, senza che intervengano i gendarmi — ma ecco, il Dizionario d’Ortografia e Pronunzia parla chiaro.
Tolto dalla scarpa questo scrupolo formale, passiamo alla sostanza: l’adulare ne ha molta, e capitale.

Qualche idea sulle etimologie — sui veri significati delle parole — ce l’avevano anche gli antichi. Spesso erano idee campate in aria, ma non sempre.
Ora, in latino il verbo adulari arriva ai significati che gli diamo noi, e che adesso consideriamo, ma ha un primo significato molto diverso — identificato come tale dai grammatici e dagli antiquari latini (questi antiquari non sono come i nostri antiquari, commercianti di antichità, sono maestri di scrittura e appassionati di lingua classica). L’adulari latino è il fare le feste tipico dei cani. La cosa, per quanto dibattuta dalla ricerca contemporanea, potrebbe essere veritiera, perché ci si può riconoscere dentro una radice protoindoeuropea col significato di ‘coda’ (ricostruita come ‘ul-’, e che trova esiti nel sanscrito vālas e nel lituano valaĩ, più precisamente ‘coda di cavallo’). Dopotutto che chi adula scondinzoli è un luogo comune ancora oggi — e potrebbe essere in effetti la figura-base del concetto dell’adulare. Ed eccoci al punto.

L’adulare ha una barca di sinonimi. Questo significa che la questione è socialmente centrale, e che (secondo la saggezza della lingua) è necessario avere strumenti lustri e precisi per poter descrivere una realtà pericolosa. Siamo davanti a qualcosa che ha un’apparenza gradevole, classicamente quella di una lode; e però è una lode eccessiva, spinta per compiacenza ipocrita e interessata.

Non ha obiettivi così definiti quanto il lusingare, che carpisce una benevolenza per indurre a un comportamento; non è lenitivo come il blandire, il lisciare e il carezzare, imperniati su gesti delicati che placano, ma neppure è solenne, anzi quasi litugico come l’incensare; e non è visto con l’occhio dotto del verbo piaggiare, che coglie con forza una furba doppiezza. Inoltre, per quanto vile, non si abbassa al leccare.

L’adulare è un po’ il termine centrale di questo arcipelago. Rappresenta l’espressione di una cortesia servile — sempre diretta dal basso verso l’alto — e manifestata con varietà di complimenti, lodi, apprezzamenti esagerati. Il pericolo sta nel fatto che, per quanto spesso sia imbarazzante e penosa, l’adulazione funziona. Riesce a compiacere, e quindi riesce a spianare la strada al conseguimento di un certo vantaggio che può essere garantito da chi si fa adulare.

Così la squadra adula il finanziatore quel tanto che basta per invitare il suo sostegno, l’artista adula la figura politica emergente in maniera sfacciata, e l’amica si lamenta di chi crede che adulare sia corteggiare.

È una zona di concetto ricca di sfumature, di intenzioni coperte e scoperte, di contrasti e attrazioni. Ed è bello poter ridurre questa disorientante complessità all’espressione del cane festoso; non perché i cani adulino davvero — sono anime pure, la loro festa è estrema e del tutto autentica — ma perché l’umano che si fa cane scodinzolante riesce ad esserne una somma sintesi poetica.

Parola pubblicata il 05 Luglio 2025