Cane

Parole bestiali

cà-ne

Significato Nome comune del Canis lupus familiaris, sottospecie domestica del lupo

Etimologia dal latino canem, di provenienza indoeuropea.

  • «Gli voglio bene, ma sul palco è un cane.»

Pensando alla pessima fama dei lupi, sembra incredibile che i loro parenti più stretti siano diventati i nostri migliori amici. In Europa potrebbero creare tranquillamente una nazione a sé stante, dato che il loro numero si aggira sui 60 milioni, poco più della popolazione italiana.

Anche linguisticamente sono dappertutto, magari in incognito. L’hot dog americano, per esempio, significa letteralmente “cane caldo”, per via della forma che ricorda quella del bassotto. E anche la ciniglia, di cui spesso sono fatte le tute, si chiama così perché si usava ricavarla da un bruco il cui muso assomiglia a quello di un cane.

In realtà un’ombra del passato selvatico i cani la conservano ancora. Un saggio proverbio esorta a “non svegliare il can che dorme”, ossia non disturbare una situazione tranquilla, ma potenzialmente pericolosa. E in effetti, nella scala degli animali più letali per l’uomo, sono al quarto posto (il più tremendo è – incredibile a dirsi – la zanzara, seguita dall’uomo stesso e dal serpente). Non per nulla il cane è anche un componente delle pistole, che quando scatta ricorda appunto il movimento di un morso.

In genere, però, siamo troppo abituati alla mansuetudine dei cani per temerli. Infatti un altro detto recita, fin troppo ottimisticamente: “can che abbaia non morde”, ossia chi molto minaccia poco conclude. In particolare, se una persona si lascia andare a minacce, promesse o vanterie che non concretizza, si definisce “un cane da pagliaio”, alludendo a quei cani piccoli e petulanti che spesso erano affiancati ai veri cani da guardia, e dai quali ci si aspettava solo che facessero un gran fracasso.

Quasi quasi si direbbe che noi uomini disprezziamo i cani per la loro dabbenaggine, tanto quanto i maiali. “Cani e porci” descrive infatti una folla disparata e di scarsa qualità, e i due vengono perfino fusi nella fantasiosa imprecazione “porco cane!” Del resto il cane non è nuovo al mondo delle imprecazioni: “cacchio”, spesso usato in sostituzione di parolacce più audaci, significa tecnicamente germoglio e deriva dal latino catulum, cagnolino, perché in pratica è il “cucciolo” della pianta.

Curioso è anche un altro modo di dire, la cui origine si perde nelle nebbie del tempo: “menare [ossia condurre] il can per l’aia”, che significa perdere tempo, divagare. Qualcuno sostiene che si applichi ai cani da caccia, che sono chiaramente sprecati in un’aia. Ma altri lo ricollegano alla battitura del grano, per la quale erano di solito impiegati animali pesanti: un cane, per calpestare il grano, è del tutto inutile.

Altri detti sono ancor meno lusinghieri. Un lavoro fatto “da cani” è tremendamente malfatto, e il suo artefice può essere definito un cane nel suo mestiere. Inoltre “cane”, o peggio ancora “canaglia”, indica una persona crudele e spregevole. E il cinico è letteralmente una persona che vive come un cane, nell’oblio dei più nobili sentimenti umani. Non solo: poiché per secoli li abbiamo trattati come pezze da piedi, una situazione “da cani” è proverbialmente molto difficile e dolorosa, e per lo stesso motivo si dice “fa un freddo cane!” o “mi fa un male cane!”

Eppure, con tutto ciò, continuiamo a vedere nel cane l’incarnazione della fedeltà. In Turchia, addirittura, “amare come un cane” (köpek gibi sevmek) descrive un affetto ardente e incondizionato. Mentre, per noi italiani, Fido è il nome canino per antonomasia. Capricci della lingua!

Parola pubblicata il 17 Giugno 2024

Parole bestiali - con Lucia e Andrea Masetti

Un lunedì su due, un viaggio nell'arcipelago dei nomi degli animali, in quello che significano per noi, nel modo in cui abitano la nostra vita e la nostra immaginazione.