Antifrasi

an-tì-fra-si

Significato Figura retorica che consiste nell’uso di una parola con un significato opposto a quello proprio

Etimologia voce dotta recuperata dal latino tardo antìphrasis, prestito dal greco antíphrasis, composto di anti- ‘contro’ e phrásis ‘frase, enunciazione’.

Dobbiamo guardarci allo specchio e riconoscere che siamo creature retoriche e simpaticone: ad esempio, per dire una cosa, normalmente possiamo dire quella cosa oppure possiamo dire il suo contrario. Va bene lo stesso, anzi in certi casi va meglio.
Questa vasta figura retorica porta il nome greco di antìfrasi — letteralmente, la ‘contro-enunciazione’.

Quando mi fai notare che ho fatto proprio la figura del signore a mettermi in tasca tutti i gianduiotti della ciotola, quando la nonna chiama briganti i nipoti, quando nel Julius Caesar di Shakespeare Marco Antonio parla ai funerali di Cesare dicendo, e ripetendo, «Brutus is an honourable man» (“Bruto è un uomo d’onore”), viene stagliato con forza un significato proponendo quello opposto.
Con intenti ed effetti differenti, in verità: l’antifrasi è intrecciata di ironia, di eufemismo — anzi questi sono concetti che si sovrappongono con tagli diversi su una medesima materia. L’antifrastico sa scherzare, carezzare, sa cambiare le luci e le atmosfere dei concetti e le loro consistenze intellettuali, sa pungere, sa mordere. Lo sappiamo, lo facciamo tutti i giorni con sfrenata varietà — da quando vogliamo velare e marcare insieme una nostra simpatia a quando vogliamo lanciarci nel sarcasmo più ostile. E però c’è qualcosa di unitario, nell’antifrasi.

A vederla, si può leggere come una piccola complicazione, una pomposetta fatica in più imposta a chi ascolta la frase antifrastica: invece di dire una cosa, dico l’opposto — che originale. Ma se c’è qualcosa che la retorica ci insegna è che richiedere una piccola decodifica a chi ascolta può avere effetti profondi.

Lo sappiamo già dalla differenza fra similitudine e metafora (la differenza fra “corre come una lepre” e “è una lepre” per dire “corre veloce”): la similitudine accompagna pianamente in un paragone, la metafora impone un salto da colmare, uno scarto da decodificare — e perciò è più avvincente, carismatica e potente, nella poesia dei nostri discorsi.

Similmente l’antifrasi crea, se non sempre complicità, almeno una forte partecipazione. Non permette al pensiero altrui di stare inerte davanti a ciò che percepisce, di darlo per scontato: lo allarma e lo fa reagire — anche se non partiva disposto — grazie a un tratto di irrealtà da rovesciare, in una partecipazione che può essere giocosa, così come una presa vigorosa per il bavero. E se il pensiero di chi ci ascolta o ci legge non sta diligentemente seduto a farsi i fatti suoi, ma invece partecipa al nostro discorso lavorandoci sopra, decodificandolo, il nostro canale di comunicazione nei suoi confronti si allarga e rafforza — insomma l’antifrasi ha anche una funzione fàtica.

Un potere retorico comune e non dappoco, che si aggiunge alle sfaccettature di copertura e dissimulazione dell’eufemismo e dell’ironia.

Parola pubblicata il 25 Gennaio 2022