Fatico

fà-ti-co

Significato Di ciò che, nel linguaggio verbale, serve a stabilire, prolungare, verificare e mantenere la comunicazione col destinatario

Etimologia attraverso l’inglese phatic, dal greco phatikós ‘che si può dire’ dalla radice di phemí ‘parlare’.

La descrizione di qualcosa che conosciamo e anzi facciamo continuamente può risultare stranamente aliena. Riconoscere un tratto familiare del mondo finisce per essere straniante.

Ora, non poche delle parole che proferiamo non servono direttamente a comunicare un contenuto, ma agiscono sul canale di comunicazione stesso. Lo stabiliscono, lo tengono aperto e ne verificano l’apertura, magari lo prolungano. Sembra un’azione diplomatica, informatica, retorica, spionistica, da radiocomunicazione? In un certo senso, lo è.

Quando rispondiamo al telefono, il «Pronto?» è fatico. Ogni volta che tastiamo il polso della situazione, chiedendo «Mi segui?», «Mi sto spiegando bene?» sto ponendo domande fatiche. Hanno una funzione fatica anche gli «Adesso stammi bene a sentire» della mamma o gli «Attenzione» che risuonano dagli altoparlanti nelle stazioni e nei supermercati. Ma non solo.

Quando incontriamo qualcuno e già da lontano iniziamo a salutare, e a dire che diamine è venuto un bel freddo, a un certo livello di lettura potremmo vedere una cortesia semplice, di superficie — ma anche questi scambi hanno una funzione fatica. Stabiliscono verbalmente l’interazione, aprono il canale, la chat: l’altra persona si sarà accorta da sé del vento ghiacciato che vi sferza, ma il contenuto di ciò che si dice, in questi scambi fatici, non ha una rilevanza primaria. Perfino gli intercalari contribuiscono, sostenendo la continuità dell’espressione, e quindi mantenendo pervio il canale di comunicazione — e addirittura i mugugni di assenso che ci vengono resi durante una conversazione.

C’è un giudizio di sprezzo ricorrente rispetto a queste chiacchiere, queste sporcature, questi convenevoli, questi segnali, che certo non trasmettono materie alate e che danno l’impressione di essere parole dappoco. Ma non c’è telefonata dal contenuto fondamentale che non si apra accertandosi che la comunicazione funzioni — e il «Mi sentite?» scrupoloso che punteggia la conferenza stupenda contribuisce alla sua meraviglia perché è un momento di contatto.

C’è una parte dei contenuti della nostra realtà di cui non siamo destinatari diretti (proprio tu, proprio io, proprio noi); ma invece abbiamo il privilegio di essere destinatari diretti di un’altra grande parte di contenuti, e questi spesso si reggono su un’impalcatura fatica fatta di saluti, auguri, verifiche, osservazioni di circostanza — testimonianza leggera e presente del nostro essere creature sociali.

Parola pubblicata il 13 Febbraio 2021