Cocciuto

coc-ciù-to

Significato Ostinato, testardo

Etimologia derivato di coccia ‘guscio’ e poi ‘testa’, dal latino còchlea ‘chiocciola’.

Per comprendere questa qualità d’ostinazione si deve partire dalla coccia. Ma che cos’è la coccia? Ecco, rispondere a questa domanda vuol dire toccare un nodo che è legato a cento fili.

Coccia emerge in italiano dalle nebbie del latino parlato significando il guscio, la conchiglia: dopotutto il latino classico còchlea — esito del kónkhe greco (da cui conche e conchiglie) ha dato vita anche alla chiocciola e alla cozza. Ora, poiché tutte le forme del mondo fuori ci ricordano forme dei nostri stessi corpi umani, il nome di questo guscio si è attagliato al nostro unico guscio, e cioè al cranio.

Questa nostra coccia — che ha ancora questo significato e in genere quello di testa in diverse regioni del nostro meridione — ha però una forma che a sua volta è molto suggestiva. In particolare echeggia forme artificiali, come quelle dei vasi: è solo dal teschio di Cunimondo che Alboino re dei Longobardi poté bere davanti a Rosmunda, figlia di quello — altre formazioni ossee non si sarebbero prestate allo scopo. Così la coccia diventa il vaso di terracotta, da cui l’ampio concetto di coccio. Strano? Be’, se ci aggiungiamo che nel latino tardo testa ha il solo significato di ‘vaso di terra’, possiamo intendere quanto stretta sia questa corrispondenza nell’immaginario antico, quanto fitta sia la foresta di simboli familiari e di corrispondenze in cui camminiamo.

Il cocciuto è quindi il testuto, l’ostinato nell’agire e nel pensare che si esprime — come il testone, il capone, il testardo, il caparbio, l’incaponito, lo zuccone e avanti veleggiando in quest’arcipelago che sembra non finire mai — attraverso un riferimento alla coccia quale simbolo di durezza determinata, irriducibile e che non presta orecchio, dura com’è dura quella dell’ariete, che ha ragione di ogni ostacolo e sfida a suon di capocciate tenaci.

Rispetto alla masnada di suoi sinonimi cefalici, si distingue proprio per il riferimento domestico, di sapore locale, alla coccia e al coccio che ci acciottola nell’orecchio, senza lanciarsi in riferimenti troppo piani e generali a teste e capi e senza adombrare significati secondi di ottusità come fa lo zuccone. Conserva manifestamente un tratto familiare, il cocciuto: è un aggettivo che possiamo rivolgere ad amici, parenti, colleghi, persone a noi vicine. Dire che la scienziata è approdata a una grande scoperta grazie al suo essere cocciuta ce l’avvicina, ce la rende amichevole, accessibile, dire che un pubblico ministero è cocciuto lo coglie nel tratto umano e prossimo della sua funzione — e se scegliessimo invece ‘ostinato’, ‘caparbio’, conserveremmo una distanza maggiore, mentre alternative come ‘testone’ possono sbavare l’accessibilità in indiscrezione.

Una parola equilibrata, nella versatilità relazionale fra registri diversi, nella diramazione fra significati e differenti esiti etimologici — come accade alle parole che sono chiavi di volta della lingua.

Parola pubblicata il 20 Agosto 2020