Colonia
co-lò-nia
Significato Terra o città, sotto il controllo totale di una potenza straniera che ne sfrutta ogni risorsa; nell’antichità gruppo di cittadini di uno stato che si stabilivano in una terra lontana per espandere il dominio della madrepatria; gruppo di connazionali che si trovano nello stesso paese straniero; istituto di villeggiatura per l’infanzia; stabilimento penitenziario; gruppo di gatti o di altri animali, vegetali o batteri; acqua profumata
Etimologia dal latino colonia, ‘tenuta di campagna, fattoria’, da colonus, ‘contadino, abitante’, dal verbo còlere, ‘coltivare, abitare’, ma anche ‘onorare gli dei’; l’ultimo significato deriva dalla città tedesca di Colonia, Köln, fondata dai Romani col nome di Colonia Claudia Ara Agrippinensium.
- «In giardino ormai c'è una colonia di tartarughe.»
Parola pubblicata il 05 Ottobre 2025
La parola ‘colonia’ ha assunto una vasta quantità di significati, ma la radice di tutto, il senso al quale è possibile ricondurre perfino la famosa acqua profumata, sta in un verbo latino il cui duplice significato potrebbe essere coniato sulle due facce di una stessa moneta, la più antica, la più preziosa. Prestito dal latino colonia, ovvero fattoria, tenuta di campagna, essa era abitata dai coloni, dal latino colonus. Nella nostra lingua abbiamo dimenticato la figura del colono: gli preferiamo il contadino, legato al medievale e cavalleresco feudo del conte. Eppure, i coloni sono stati i pilastri su cui si è basata tanta parte dell’economia del nostro territorio per secoli, mediante l’istituto della mezzadria, per esempio, che potrebbe sembrare antico, quasi feudale, ma rimasto in vita ufficialmente fino a circa gli anni Settanta.
Chi erano i coloni, a Roma e successivamente? Agricoltori, certo, ma anche abitanti tout court. Il colono è intrinsecamente coltivatore e abitante: le due cose non sono separabili, l’una va con l’altra, a braccetto, in un mondo che vede l’essere umano nella sua dignità e integrità come abitante e curatore del bene più grande, la terra. Il verbo alla base di tutto è forse quello che riassume, quindi, l’essenza più intima nostra secondo gli antichi Romani: còlere, cioè coltivare e abitare. A questo aggiungiamoci un ulteriore significato in terza battuta, cioè onorare gli dei. In pratica il verbo còlere era l’ora et labora dei Romani.
Ora, la parola colonia ha perduto la schiettezza del significato agricolo, concentrandosi sull’abitare. Ecco quindi che gli antichi Greci andavano fondando colonie a destra e a manca per il Mediterraneo: arrivavano in terre distanti dalla madrepatria, vi si stabilivano abitandovi e diffondendovi usi, costumi, tirannidi, democrazie e filosofie. Fondare colonie era un’azione puntuale e limitata nello spazio, di solito erano città costiere, porti di ellenicità in terre abitate da barbari e tribù ancora nomadi che non conoscevano la nobiltà dell’abitare e dell’essere cittadini, dell’occuparsi della cosa pubblica. Un estendere il territorio ben diverso, per esempio, da ciò che fece Roma, allargandosi a tappeto tutto intorno al mare Mediterraneo e inglobando popoli e civiltà. Successivamente, a partire dalla scoperta delle Americhe e fino al secolo scorso, la conquista di nuovi territori e la fondazione di colonie è stata assai più brutale, volta allo sfruttamento delle risorse umane e naturali e all’arricchimento della potenza colonizzatrice. Nel tempo ha condotto all’espansione europea, al genocidio dei popoli nativi americani, a terribili sevizie e umiliazioni per le popolazioni africane e indiane, solo per nominarne alcuni… oggi le colonie di cui sentiamo più parlare nell’attualità sono quelle israeliane nei territori palestinesi.
Ad ogni modo la parola, avendo oramai con forza il senso dell’abitare, è stata sfruttata in molti modi, tantoché si può parlare della colonia italiana a New York per indicare l’insieme degli emigrati nostri che andò ad abitare a Little Italy, delle meravigliose colonie estive della nostra infanzia, cioè degli istituti di villeggiatura per i più piccoli organizzati un tempo dallo Stato o da altri enti per ospitare i bambini e le bambine presso località marittime o montane e permettere loro di trascorrere l’estate in collettività, della famigerata colonia penale dell’Isola del Diavolo, dove fu confinato il capitano Dreyfus, costretto ad abitarvi in catene. Il senso di collettività veicolato dalla parola ha poi dato vita all’utilizzo del termine nell’ambito zoologico: accompagniamo l’amica a scegliere un micio presso la locale colonia felina gestita dai volontari, nel laboratorio i microbiologi studiano molte colonie batteriche e durante l’immersione possiamo ammirare la colonia corallina dalle tinte opalescenti.
In ultimo, la famosa acqua profumata, inizialmente nota come aqua mirabilis, è un cosmetico inventato da un italiano, il profumiere Giovanni Paolo Feminis, emigrato in Germania nel XVII secolo: l’acqua di Colonia ha quindi la c maiuscola in onore della città tedesca presso cui il profumiere si stabilì. Il toponimo ha origini antiche: la città fu infatti fondata dagli antichi Romani nel 49 d.C., i quali la chiamarono Colonia Claudia Ara Agrippinensium, per gli amici semplicemente Colonia.