Diafano
di-à-fa-no
Significato Trasparente, traslucido; delicato, esile, etereo; chiaro, facilmente comprensibile
Etimologia voce dotta recuperata dal latino medievale diaphanus, prestito dal greco diaphanés, da diapháinein ‘mostrare attraverso’, derivato di pháinein ‘mostrare’, col prefisso dia- attraverso.
- «Stese una mano diafana al mio viso, per accarezzarmi.»
Parola pubblicata il 20 Aprile 2022
La lingua è piena di parole eleganti e ricercate, ne troviamo a fasci e a mucchi. Però la grazia di alcune è addirittura decisiva. E non sono mai parole astruse, anzi.
Il diafano ci racconta una qualità che deriva da un verbo greco fondamentale, pháinein, che vale ‘mostrare’ e che troviamo variamente nascosto in una quantità notevole di parole molto differenti — dall’epifania all’enfasi, dal sicofante alla vetrofania, fino al fenomeno. In particolare si dice diafano ciò che ‘mostra attraverso’ (dia-): è il trasparente.
Si può parlare, in concreto, dei cristalli diafani che ci sorprendono da una frattura della roccia, dello slancio diafano di una grande serra, di un’aria diafana che lascia vedere la terra di là dal mare. Ma naturalmente è diafano anche ciò che si mostra quasi trasparente, traslucido, ciò che per leggerezza, sottigliezza, delicatezza si fa passare un po’ di luce attraverso. Sono diafane le tazzine di porcellana cinese, sono diafani certi marmi scolpiti da Canova, diafani i petali di certi fiori, i tessuti di certe vesti.
Il diafano è una misura di grazia: è il punto in cui s’incontrano il terso e il tenue — e ha una versatilità mirabile. Perché possiamo dire diafano anche ciò che si comprende con facilità, ciò che è cristallino, ialino, ma senza implicare rigidità e durezze: un discorso diafano è chiaro senza per questo dover essere intenso. Un carattere diafano è delicato e privo di doppiezze — distantissimo dalle ambiguità del sottile.
Portato su forme e consistenze, il diafano si fa esile, etereo. Può essere diafana la figura di un anziano, diafano un incarnato, una pelle. Non è debole come il gracile, non è didascalico come il pallido: delinea soltanto il gioco della luce.
E naturalmente ha degli splendidi risvolti ironici che lo avvicinano all’esiguo, come quando la vicina di casa mostra una diafana premura per il nostro momento di difficoltà sulle scale, come quando ragioniamo del compenso diafano che ci resta in tasca, o come quando lo zio guata il diafano dito di vino che gli abbiamo versato nel bicchiere.
Una parola precisa, fine, che da sola sa determinare l’espressività di una frase intera.