Dolcevita

Italianismi

dól-ce-vì-ta

Significato Stile di vita spensierato, mondano, edonistico e lussuoso, associato alla Roma degli anni ‘50 e ‘60; estensivamente la ricerca del piacere fine a sé stessa, spesso superficiale

Etimologia dal film di Federico Fellini La dolce vita, del 1960.

  • «I jet-setters di oggi cercano ancora di rivivere l'atmosfera della dolcevita.»

Che la dolce vita sia sinonimo di un'epoca dorata, fatta di notti infinite, cocktail e glamour inarrivabile, lo dobbiamo quasi interamente a un uomo: il regista Federico Fellini. Sebbene la locuzione dolce vita esistesse naturalmente in italiano, il suo uso era generico. L’espressione, utile a indicare un'esistenza piacevole, venne modificata, grazie all’omonimo capolavoro cinematografico del 1960, in un vero e proprio archetipo sociologico, di una spensieratezza quasi cinica.

Fellini, con la sua inimitabile estetica, ha trasformato episodi di cronaca rosa in epica: le scene iconiche, come il bagno notturno di Anita Ekberg nella Fontana di Trevi, o le dissolute feste private, sono diventate l'emblema di questo stile. Il successo planetario della pellicola ha fatto sì che dolce vita venisse adottato immediatamente da lingue come l'inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo, spesso scritto in corsivo o tra virgolette, a testimonianza della sua origine esotica e irrinunciabile. L'adozione è stata così rapida e completa che oggi non esistono traduzioni che possano rendere l'esatta sfumatura emotiva e storica del termine italiano.

Curiosamente, il termine non è solo celebrativo. Come il film stesso suggerisce, la dolce vita non è affatto dolce nel senso morale o spirituale: l'esistenza del protagonista, Marcello Rubini (interpretato da Marcello Mastroianni), è un continuo, fallimentare tentativo di trovare un senso nella superficialità. L’espressione è calata, infatti, in un'epoca di paparazzi (altro celebre italianismo coniato nel film), feste sfrenate e lusso senza scopo, dove l'apparenza vince sull'essenza: estetica definita anche da elementi specifici della moda, come il maglione a collo alto che, proprio in omaggio al film e al look iconico del protagonista Marcello Mastroianni, è stato battezzato in italiano con il nome di ‘dolcevita’, un capo simbolo di eleganza intellettuale e disinvolta.

Nell'uso internazionale, dunque, la dolce vita non è soltanto una descrizione, ma un riferimento istantaneo a un'estetica ben precisa: lo sfarzo italiano del dopoguerra, il design elegante, l'eccentrica vitalità di Cinecittà e, soprattutto, l'idea di una vita affascinante ma moralmente ambigua. Se oggi un giornale estero titola che una località turistica offre la dolce vita, non sta promettendo solo lusso, ma una fuga dalla realtà tinta di stravaganza e, forse, un pizzico di decadenza. Proprio in virtù di questa forte identità estetica, l'assimilazione del termine nelle lingue straniere non si è limitata al vocabolario intellettuale, ma è evoluta in una vera e propria arma di marketing a livello globale.

Sfruttando l'idea di una Italian way of life, brand internazionali – in particolare quelli legati alla moda e al settore enogastronomico – utilizzano il concetto per vendere non solo un prodotto, ma un'esperienza emotiva. Le campagne pubblicitarie mostrano persone che si godono lunghi pranzi all'aperto, cocktail al tramonto in piazze storiche o passeggiate lungo coste mozzafiato, con l'obiettivo di far sentire i consumatori stranieri parte di un'Italia glamour ed elegante. In sintesi, l'icona felliniana viene trasformata in un sinonimo universale di vivere bene, un modello di stile di vita perfetto e senza preoccupazioni.

Rimane, tuttavia, la domanda: cosa è effettivamente rimasto in Italia di quella Dolce Vita? Quel barlume di lusso sfrenato, quella sfrontata malinconia e l'eccentrica vitalità artistica sono ancora percepibili nel contesto culturale e sociale contemporaneo o sono solo un ricordo nostalgico incorniciato in bianco e nero?

Parola pubblicata il 08 Dicembre 2025 • di Giada Aramu

Italianismi - con Giada Aramu

Molte parole italiane sono state adottate in lingue straniere. Sono gli italianismi, che ci raccontano la peculiare forma del prestigio della lingua italiana (parla un sacco di cucina, ma non solo). Con Giada Aramu, docente di italiano come lingua seconda, un lunedì su due esploreremo questo arcipelago di parole che non sono più soltanto nostre.