Euritmico

eu-rìt-mi-co

Significato Equilibrato, armonioso nella disposizione, nelle forme, specie detto di un’opera d’arte; di battito cardiaco, regolare

Etimologia voce dotta recuperata dal latino eurythmia, a sua volta preso in prestito dal greco eurythmía ‘giusta proporzione’, composto da eu- ‘buono’ e rythmós ‘ritmo’.

No, non si parla tanto del ritmo musicale, quanto di quello delle forme, specie architettoniche. Non solo ritmo nel tempo, ma anche nello spazio.

È l’anno 1486, e l’umanista Sulpizio da Vèroli cura la prima edizione a stampa del De Architectura di Vitruvio. Vitruvio, vissuto nel I secolo a.C, era stato il primo grande teorico dell’architettura, e le sue opere, riscoperte e ristudiate, avrebbero avuto un successo clamoroso nel Rinascimento. Proprio guardando alla lingua di questi grandi antichi, intellettuali di spicco come Leon Battista Alberti propugnavano un’acquisizione sistematica del lessico latino per rimpolpare quello, ancora insufficiente, dell’italiano.

Vitruvio parla di eurythmia, in latino — e per la fine del Quattrocento, complice quella feconda atmosfera rinascimentale (e magari anche l’edizione di Sulpizio che ne diffuse le parole), compare in italiano come ‘euritmia’.

Non stiamo parlando di musica, anche se c’è il ritmo. Siamo davanti a un concetto ampio del greco, passato in latino e recuperato dall’italiano. L’eurythmía in greco è in generale una proporzione giusta e armonica, un essere conveniente e adatto, una maniera e un contegno appropriato (con tratti di nobiltà), oltre che la battuta precisa, a tempo, secondo metrica e danza. Si tratta letteralmente del ‘giusto ritmo’.

Ora, ‘ritmo’ è una parola che comprendiamo in maniera intuitiva, ma è un concetto complesso; se l’etimologia tradizionale ci aiuta, rhythmós è derivato di rhêin ‘scorrere’, e descrive un movimento cadenzato, regolato, misurato — che naturalmente si può cogliere in tanti aspetti della vita, dall’arte che si fonda su metro e tempo, al portamento, all’armonia nella disposizione delle forme che lo permette e mostra.

C’è qualche problema a ricondurre lo scorrere al ritmo (un fiume non scorre a ritmo), e anche se la soluzione si trova probabilmente in qualche slittamento di significato avvenuto in periodi più antichi su un pensiero (quello greco) che era più diverso dal nostro di quanto ci piaccia credere, qualche glottologo innamorato li ha stretti insieme con i movimenti regolari delle onde del mare.

Retorica e architettura sono gli ambiti d’elezione in cui il latino impiega l’eurythmía del greco. In retorica è un termine che ci parla dell’armonia nella prosa e nella sua declamazione: non entra nelle esattezze dei metri poetici, si limita a cogliere l’eleganza equilibrata e composta di un discorso (in maniera non troppo dissimile dalla famosa virtù della concinnitas, che è descritta più o meno negli stessi termini).

In architettura invece descrive una bellezza che si coglie a colpo d’occhio, una proporzione dinamica e armoniosa, una composizione in cui ogni elemento è disposto secondo un ordine aggraziato; e va inteso come un ordine vivace ed emozionante — quanto può esserlo quello di un discorso acceso. Ma è un significato che in italiano abbiamo esteso, com’è naturale che sia, a tutti i generi di opere d’arte.

Possiamo notare come sia euritmica la sequenza dei racconti della raccolta; la statua è euritmica da qualunque angolazione la si ammiri; un quadro euritmico completa la parete; e nei festeggiamenti del matrimonio si gode della grazia euritmica dell’insieme di logge e belvedere della villa.

Un giusto ritmo non battuto nel tempo, ma disposto nello spazio. Un esempio fulgente di come i concetti possano trascendere — e chi ne fa più a meno? Oltretutto, anche se è poco usata, è una parola dal senso intuitivo e accessibile.

(In questa parola la sostituzione del tempo con lo spazio ha un’unica eccezione: il battito euritmico del cuore. Quello è regolare nel tempo.)

Parola pubblicata il 22 Aprile 2020