Girovagare

gi-ro-va-gà-re (io gi-rò-va-go)

Significato Girare senza meta

Etimologia voce dotta recuperata dal latino medievale gyrovagus, composto di gyrus ‘giro’ e vagus ‘vagante’.

Nel latino medievale esisteva il verbo gyrovagāre, che fu preso in prestito dall’italiano nel Seicento senza grande successo. Figuriamoci, a fine Ottocento veniva ancora considerato una novità poco popolare. Nei suoi Neologismi, Giuseppe Rigutini annotava “Da ‘girovago’ si è fatto oggi ‘girovagare’: ma il popolo non lo conosce, e dice ‘andare a zonzo’, ‘vagabondare’”. Be’, oggi il popolo se n’è appropriato.

Si legge spesso che ‘girovagare’ è sinonimo di ‘vagabondare’. È senz’altro stato vero, e in passato il girovago (come il vagabondo) ha avuto una nomea poco meno che criminale; ma c’è da domandarsi se questo allineamento, oggi, non sia cambiato. Il girovagare, rispetto al girare senza meta, ha forse maturato qualche carattere peculiare.

C’è spesso una cifra di piacere, nel girovagare, un senso di esplorazione, di libertà, perfino di urgenza, un abbandono alla serendipità che i suoi sinonimi schiudono meno. Si potrebbe avvicinare all’andare a zonzo, ma sottende forse una psicologia diversa.

Parlando di un viaggio diciamo che abbiamo girovagato per la città per giorni — se dicessimo che abbiamo vagabondato comunicheremmo un muoversi non solo senza meta, ma senza costrutto, lontano dal godimento di quando ci si lascia perdere fra le strade. Se avessimo detto che siamo andati a zonzo avremmo descritto un’esperienza più scanzonata.

Anche l’evaso viene ritrovato a girovagare; non è assente come chi vaga e basta, non ha una meta ma è presente alla sua libertà del momento. In questo senso lo abbiamo conosciuto anche rispetto alle persone che illecitamente girovagavano durante le misure di confinamento: il girovagare è un andare con una forma, con un’intenzione — che però non sta nella meta. Pensiamo anche al girovagare nella grande fiera, a come non ci sia un punto d’arrivo ma un senso sì.

Sarà un rilievo semplice, ma nel girovagare c’è il giro. Un movimento che ritorna, a circuito, a cerchio, a spirale: non tende diretto a un punto ma nemmeno è ondivago. Infatti, grazie a questo tratto blandamente metodico, è spesso un verbo di ricerca: si giròvaga in cerca di cibo, di un negozio aperto, di un’occasione. Anzi spesso descrive una ricerca urgente. In questo senso si distingue anche dal bighellonare: il girovagare sa essere, a suo modo e secondo metri non pendolari, operoso e intento.

Parola pubblicata il 17 Maggio 2020