Giullare
giul-là-re
Significato Nel tardo medioevo, buffone, giocoliere e cantastorie che si esibiva nelle piazze e nelle corti; buffone, persona poco seria
Etimologia dal provenzale joglar, dal latino iocularis ‘scherzoso, faceto’.
Parola pubblicata il 12 Novembre 2019
L'italiano sul palcoscenico - la Settimana della lingua italiana nel mondo 2019 (in India)
Su incarico dell'Istituto Italiano di Cultura di Mumbai, oltre che del Consolato Generale d'Italia a Mumbai e con l'associazione dell'Istituto Italiano di Cultura di Nuova Delhi, la settimana dall'11 al 17 novembre vi proponiamo un ciclo di sette parole con cui ripercorrere la storia del teatro in Italia, da quello antico al contemporaneo: festeggeremo così la XIX Settimana della lingua italiana nel Mondo (in India è differita a questa settimana). Questa edizione gravita sul teatro e l'opera: le parole sono di Giorgio Moretti, gli approfondimenti sul teatro di Lucia Masetti.
Se oggi parlando di qualcuno diciamo che è un giullare, di solito intendiamo dire che è una persona che ama far divertire gli altri, più con buffonate ridicole che con simpatia esperta. La persona che ci fa venire in mente il giullare è poco seria, talvolta insicura e in cerca di approvazione e di un posto sicuro nel suo gruppo, talvolta adulatrice, perfino manipolatrice. Fa il giullare il ragazzino un po’ goffo che non sa esprimere la sua attrazione per qualcuno, quel piazzista sarà anche un giullare ma non esce mai da una casa senza aver venduto tutto quello che voleva, e si cerca di riprendere l’elemento della squadra che invece di lavorare in sinergia fa il giullare.
Ma il giullare non nasce come mero buffone: nel medioevo è un artista a tutto campo, cantastorie, acrobata, giocoliere (peraltro dalla stessa origine latina), che fa divertire piazze e corti: dopotutto, porta il nome del gioco - e il iocus latino è lo scherzo, la burla, la facezia. Il modo in cui vive l’eredità del nome di questo mestiere del passato è riduttivo, leggero e ambiguo; eppure ha avuto un ruolo decisivo per la lingua e la cultura italiana, in senso letterale: proprio nelle trascrizioni delle giullarate medievali dell’XI secolo troviamo alcune fra le prime e più strutturate testimonianze di lingue volgari, locali, circoscritte, ma che cionondimeno stanno già prendendo le misure per diventare lingue letterarie, già pronte a misurarsi con rappresentazioni sacre e profane, a sostenere la nascita della lingua italiana. E non solo.
I giullari sono fra i pochi elementi mobili delle società medievali: persone vagabonde, nomadi, emarginate, divertenti ma indecenti che portano e inventano parlate, e si accompagnano e confondono spesso con i clerici vagantes, studenti religiosi ed errabondi che vanno di università in università, di biblioteca in biblioteca, viaggiando in tutta Europa, e ritessendo il tessuto di una comunità intellettuale europea su cui sarebbe stata ricamata la rinascita umanista.
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Con la caduta dell’Impero romano incomincia il medioevo: un’epoca di circa mille anni in cui succedono parecchie cose, alcune decisamente spiacevoli – guerre, epidemie, miseria… – altre decisamente strabilianti – le cattedrali e la Divina Commedia, tanto per citarne un paio. Quest’epoca così fondamentale e complicata è animata da due forze contrastanti, ma intrecciate al punto che l’una non può fare a meno dell’altra: il sacro e il profano. Perciò anche il teatro medievale ha due anime: da un lato abbiamo le sacre Rappresentazioni, che mettono in scena i personaggi della Bibbia, dall’altro il teatro laico, incarnato in particolare dai giullari.
Queste bizzarre figure nascono come girovaghi tuttofare (attori, musici, mimi, acrobati, ballerini), spesso malvisti dalle autorità. Il giullare infatti dà voce alla quotidianità concreta della gente, anche in toni dissacranti: esalta valori contrari alla morale dominante, come la follia e il sesso, e critica beffardamente i potenti.
Tuttavia col tempo la società cambia, e il giullare con essa. Il potere si concentra nelle mani di alcune famiglie nobili, che governano i loro territori quasi fossero dei piccoli stati. E in un castello non può mancare un intrattenitore, perciò il giullare diviene artista di corte (anche se non cessa di esibirsi nelle città).
In alcuni casi si trasforma nel buffone, un po’ matto e rozzo, talvolta perfino nano o gobbo come il Rigoletto di Verdi (anche se quest’opera è ambientata già in pieno Rinascimento). Proprio per quest’eccentricità, però, il buffone può dire cose che a nessun altro sono concesse; perciò mantiene anche nelle corti un po’ del suo spirito ribelle. altre volte invece il giullare diventa il colto menestrello, che recita testi poetici propri o altrui. È grazie a lui che si diffondono le leggende di Carlo Magno e re Artù e successivamente la lirica d’amore, con la quale nel 1200 nasce la letteratura italiana.
Insomma il giullare è una figura multiforme: voce del popolo e divulgatore culturale, intrattenitore e coscienza critica, interprete affabulante di mille personaggi e celebre personaggio a sua volta del nostro immaginario. Peraltro, nonostante appartenga al teatro profano, è diventato anche un modello religioso. Infatti il più importante santo italiano, San Francesco d’Assisi, amava definirsi “giullare di Dio” per marcare l’allegro anticonformismo della sua fede. Altro bizzarro esempio della plasticità del giullare… e del medioevo stesso.