Guari

guà-ri

Significato Molto, del tutto

Etimologia dall’antico francese guaires, derivato dalla voce francone ricostruita come waigaro ‘molto’ .

  • «La parola 'guari' oggi non è guari usata.»

La bellezza di certe parole (come quella di certi oggetti) sta nel modo in cui sono completamente disusate. Non sono parole che ci pungono col pensiero che siano ‘da recuperare’, né con la colpa del fatto che non le padroneggiamo — le possiamo considerare serenamente nella loro lontananza, diciamo pure nella loro inutilità. E però è ancor più entusiasmante notare che si tratta di una lontananza e di un’inutilità relativa, perché magari (è questo il caso) sono conservate in pietre miliari della letteratura, quindi pur disusate restano in vista, e ci chiedono di essere decifrate.
Ad esempio, se leggiamo l’incipit della famosa novella di Boccaccio (quinta, della seconda giornata) nota come Andreuccio da Perugia.

Le pietre da Landolfo trovate - cominciò la Fiammetta, alla quale del novellar toccava – m'hanno alla memoria tornata una novella non guari meno di pericoli in sé contenente che la narrata dalla Lauretta [...].

‘Guari’ è una parola dal significato semplicissimo: ‘molto’.
È un termine che ci testimonia la radice antica e profonda che la lingua italiana ha piantato nel francese — lingua che è sempre stata una sorta di sorella maggiore, per la nostra, veicolo di una grande quantità di parole per i discorsi della gente dotta, dal profondo medioevo all’altro ieri. Peraltro è anche stata un’importante via d’ingresso in italiano di parole di origine germanica — infatti il francese, oltre a un preponderante retaggio neolatino spruzzato di gallico, ha in sé quello germanico lasciato dal francone.

La lingua dei Franchi, come tante lingue barbariche, non fu scritta se non in maniera episodica — tendenzialmente, si sa, si scriveva in latino. Così molti termini li ricostruiamo in ipotesi, senza averne attestazione diretta, e fra questi un waigaro che ha il significato di ‘molto’.
Continuato nell’antico francese guaires (che peraltro continua nel francese moderno guère), i suoi usi letterari calamitano l’interesse italiano, e così lo ritroviamo in uso, adattato come ‘guari’, già a metà del Duecento.

Curiosamente era usato soprattutto in costruzioni negative — or non è guari, non guari meno, non guari alto e via dicendo. Una particolarità anche questa ricorrente nell’uso francese: tanto che da n’a guère nasce l’avverbio naguère, che oggi significa ‘una volta, un tempo’, ma che nell’uso letterario conserva il senso di ‘poco tempo fa’ (noi abbiamo un pensiero analogo, ‘non è molto’ per dire ‘poco tempo fa’).

Abbiamo quindi una parola che è una pietra miliare trecentesca, ai tempi comune e amata, recuperata come termine di pregio nella letteratura successiva che trova in quella lingua trecentesca il modello da seguire, ancora fino a tutto l’Ottocento. Di lì in poi resta emblema e feticcio di una lingua pedantesca — parlare di chi crede di parlar bene con un financo o con un guari lucra proprio questo significato simbolico, critico e scherzoso.

Una parola con una magnifica, serena parabola: dalle profondità dei secoli bui (bui in quanto meno trasparenti), alle prime pietre angolari di una cultura europea rinascente; dalla nostra gente di mondo di otto secoli fa — pronta a raccogliere parole come pere dall’albero della vicina —, alla nostra gente di tempi posteriori, meno di mondo, impegnata a riusare parole di un’antichità già remota; e avanti, fino alla desuetudine di oggi — ricca prospettiva su passato ancora tanto eloquente.

Parola pubblicata il 11 Giugno 2024